“La R.D. Congo è vittima di interessi internazionali che puntano alla destabilizzazione delle istituzioni statali per il saccheggio sistematico delle sue risorse naturali, con la complicità di alcuni leader locali”: lo afferma mons. François Abeli Muhoya Mutchapa, vescovo di Kindu, suffraganea dell’arcidiocesi di Bukavu, nel Nord Kivu. Proprio questa mattina Papa Francesco ha iniziato il suo 40° viaggio apostolico internazionale, che lo porterà nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan fino al 5 febbraio, sostando per una preghiera davanti al Monumento ai Caduti di Kindu all’aeroporto di Fiumicino. L’11 novembre 1961, quando ancora il Paese si chiamava Repubblica del Congo, a Kindu vennero trucidati 13 aviatori italiani che facevano parte del contingente dell’Operazione delle Nazioni Unite in Congo, inviato a ristabilire l’ordine nel Paese. I due aerei italiani sui quali volavano vennero scambiati per velivoli carichi di paracadutisti dell’allora Stato del Katanga. Una volta atterrati, i soldati congolesi malmenarono malesi e italiani, pensando fossero mercenari belgi. Un ufficiale italiano tentò di fuggire lanciandosi da una finestra aperta, ma venne ucciso. Nonostante gli sforzi per convincere i congolesi che gli aviatori erano italiani furono rinchiusi nella prigione locale e uccisi a colpi di mitra, poi seppelliti in una fossa comune. I corpi vennero ritrovati solo alcune settimane dopo.
“Ogni dieci anni c’è sempre una guerra in Congo che coinvolge attori nazionali e internazionali“, spiega monsignor Abeli Muhoya Mutchapa in un intervento scritto giunto al Sir in vista della visita del Papa Francesco.
“La R.D. Congo è vittima di numerosi accordi spesso conclusi a suo sfavore e imposti dalle grandi potenze e dalle multinazionali”,
che però “non portano la pace, né sono a vantaggio del popolo congolese”. Quest’anno sono poi previste le elezioni politiche, già caratterizzate da “nomine su base tribale dei membri delle alte istituzioni della Repubblica; frequenti violazioni della Costituzione; situazione politica dominata dall’aggressione del Rwanda e dell’Uganda”, che può portare “alla balcanizzazione” del Paese. Nella R.D. Congo si contano almeno 140 gruppi armati locali e stranieri che alimentano i conflitti armati, “c’è molto banditismo urbano a causa dell’elevata disoccupazione, dell’esodo rurale e dell’abuso di alcol e sostanze”, “le operazioni militari per neutralizzare i gruppi hanno i loro corollari: stupri e violenze sulle donne, sfollamento di massa della popolazione, arruolamento dei bambini nei gruppi armati, sfruttamento di donne e bambini nelle zone minerarie”. Tutto ciò, denuncia il vescovo di Kindu, con “il silenzio e la complicità di alcune potenze e delle Nazioni Unite”.
27 milioni di persone in grave insicurezza alimentare. La situazione sociale e umanitaria è perciò disastrosa, con 27 milioni di persone (il 25% della popolazione) in grave insicurezza alimentare nell’Est del Paese; oltre 5,6 milioni di sfollati che vivono nei campi o ospiti di altre famiglie; malnutrizione e scarso accesso all’acqua potabile che provoca malattie come “febbre tifoide, colera, diarrea, ecc).
La R.D. Congo è un Paese ricchissimo di risorse del suolo e del sottosuolo che sono “oggetto e fonte di numerosi conflitti armati, fondiari e intercomunitari”. “Queste zone minerarie – racconta -, sfruttate artigianalmente, favoriscono anche l’abbandono dell’agricoltura e della scuola, lo sfruttamento di bambini e donne, gli stupri e le violenze sessuali, la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e dell’Hiv/Aids”.
Proposte per la soluzione della crisi. Monsignor Abeli Muhoya Mutchapa lancia una serie di proposte per favorire soluzioni alla crisi, chiedendo l’appoggio della Chiesa universale per “assistere la R.D. Congo nella diplomazia per il ritorno della pace”, esigendo “la giustizia come risarcimento dei danni subiti dai Paesi aggressori”, ad esempio con “sanzioni al Rwanda, all’Uganda ed altri complici”. Tra le altre proposte, quella
di accompagnare il Paese “nel processo di democratizzazione e di pace”,
rilanciare l’agricoltura, promuovere i diritti umani “e la lotta contro la violenza sessuale, la riabilitazione e costruzione delle infrastrutture sociali di base”, la formazione professionale dei giovani e l’empowerment.