Il Coordinamento nazionale dei diritti umani (Cnddhh) del Perù ha presentato il rapporto “50 giorni di repressione in Perù. Violazioni dei diritti umani durante le manifestazioni”, che denuncia “livelli estremamente elevati di repressione da parte del Governo peruviano”. Secondo lo studio, fino al 26 gennaio, sono morte 56 persone (7 minori), di cui 46 direttamente responsabili dello Stato, e 912 persone sono rimaste ferite. Altri report continuano a riportare la cifra di 62 morti. “Il rapporto mostra che in 50 giorni di governo della presidente Boluarte sono stati registrati vari tipi di violazioni dei diritti umani, il che richiede una soluzione politica come le sue dimissioni e la convocazione di nuove elezioni generali”, ha dichiarato Jennie Dador, segretaria esecutiva del Cnddhh. Il rapporto documenta casi di esecuzioni extragiudiziali commesse durante le proteste sociali, l’uso di armi proibite come i fucili Akm da parte di agenti statali, il che smentisce la versione ufficiale secondo cui “i manifestanti si sono uccisi a vicenda”.
Nel frattempo, le proteste continuano a essere massicce e stanno paralizzando il Paese, a causa soprattutto di circa ottanta blocchi stradali nei punti nevralgici delle vie di comunicazione. Difficoltà anche per far pervenire negli ospedali bombole d’ossigeno e altre apparecchiature e medicinali. Le proteste si sono allargate anche a zone amazzoniche, come la regione di Madre de Dios, dove i manifestanti hanno cercato di incendiare la sede del Governo regionale e hanno attaccato l’abitazione del governatore, Luis Otsuka Salazar.
Oggi, intanto, a Lima si terrà un atto ecumenico per il dialogo e la pace nel Paese, su iniziativa della Commissione episcopale di azione sociale (Ceas) e dell’organizzazione evangelica “Pace e speranza”.