Sono state colpite dalla deflagrazione di una bomba artigianale mentre erano assorte in preghiera durante una cerimonia di battesimo: almeno 17 persone ieri sono morte in una chiesa nella Repubblica democratica del Congo. Una ventina di fedeli sono rimasti feriti. L’attentato terroristico è da attribuire con “tutta evidenza all’Adf”, ha quasi subito reso noto il governo.
Erano circa le 12 di domenica nella chiesa pentecostale di Kasindi, nel Nord Kivu, al confine con l’Uganda, quando centinaia di fedeli riuniti nell’ottava Communauté des Églises Pentecôtistes du Congo hanno subito l’attacco terroristico. Improvvisamente una fortissima esplosione, corpi colpiti a morte e la disperazione della gente tra i banchi dei fedeli: tra loro molte mamme con bambini piccoli. I video circolati nell’immediato mostrano scene di sangue, urla e terrore.
La notizia è stata subito ripresa da diverse testate locali.
Nelle foto – particolarmente violente – si vede anche un bimbo riverso in terra con gli arti feriti.
Foto e video sono arrivati alla redazione di Popoli e Missione da don Giovanni Piumatti, legato al Kivu nel quale ha vissuto per 50 anni, oggi in Italia ma in stretto contatto con le comunità locali. “Siamo nella regione più pericolosa e martoriata del Paese, dove imperversano ogni giorno decine di milizie armate”.
Il governo congolese ha subito condannato l’attentato terroristico accusando il movimento armato dell’Adf, legato all’Uganda. L’alta pericolosità dell’area è tra i motivi che hanno spinto a rivedere il percorso del viaggio apostolico di papa Francesco in Africa: il 31 gennaio il pontefice sarà in Congo ma non andrà nel nord Kivu.
“Se il Papa non va nel Nord Kivu è evidente che lì c’è l’inferno!”, ha spiegato l’attivista congolese John Mpaliza, che cerca in ogni modo di far luce sulla drammatica situazione politica e umana nella regione. Il 25 gennaio a Roma si terrà una conferenza stampa sull’argomento organizzata da una rete di attivisti e missionari legati al Congo.