Processo in Vaticano: Ciferri, “Chaoqui ha messo insieme una strategia con Diddi, Milano, la Gendarmeria e lo stesso Pontefice”

“Ha messo insieme una strategia con Diddi, Milano, la Gendarmeria e con lo stesso Pontefice”. Queste le parole utilizzate da Genoveffa detta “Genevieve” Ciferri, interrogata oggi in Aula, per il processo in corso in Vaticano per gli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. Il riferimento è al ruolo, a suo dire, avuto da Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Cosea e condannata in parte nel processo per lo scandalo di Vatileaks 2. Quella di oggi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vatiacni è stata un’udienza molto movimentata, con interruzioni, divagazioni delle due teste – che hanno deposto separatamente – opposizioni deli avvocati e versioni contrapposte. “Conosco prima i suoi genitori, Renato Perlasca, e sua moglie, mia madre conosceva famiglia e poi nel 2010 ho conosciuto suo figlio”, ha esordito l’amica e sodale di mons. Alberto Perlasca, teste chiave del procedimento in corso. “Ci diamo del lei, ma c’è un sodalizio”, ha proseguito: “Ho il massimo rispetto per mons. Perlasca. Ho fatto a lui una donazione della mia abitazione e di gran parte dei terreni che ho a Greccio. Lui è un religioso, io una donna sola che abita sotto questa montagna. Mia madre pensava che la casa si prestasse bene per un uso religioso. Io stessa sono terziaria francescana, dell’Ordine del Sacro Cuore, il cui carisma è aiutare materialmente e spiritualmente i sacerdoti. Lui viene a casa e celebra spesso nella cappella”. “Parlavamo spesso fatti accaduti, delle indagini”, ha raccontato rispondendo dalle domande del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, sul periodo tra aprile 2020 e agosto 2020, e divagando continuamente, riportata poi sui binari delle domande dal presidente Pignatone. “La Chaouqui mi ha detto che dovevo salvare il Promotore di Giustizia Diddi”, ha riferito, invitata da Pignatore a mantenersi ai fatti. “Sono la stessa persona che il 10 luglio 2018 è andata  dal cardinale Becciu”, ha proseguito: “Al telefono gli chiedevo ripetutamente se potesse intervenire presso il Pontefice in difesa di mons. Perlasca”, all’epoca ancora indagato: “Magari vada dal Papa per scagionarlo. Becciu si vantava di essere intimo del Pontefice, addirittura il fratello Mario diceva che era in grado di condizionare il Papa”. Quanto ai rapporti di Becciu con Perlasca, Ciferri ha dichiarato: “Lo teneva sotto il suo calcagno, in uno stato di soggezione. Esercitava su di lui una pressione psicologica al fine di silenziarlo. E comunque mons. Perlasca non ha mai parlato male di Becciu. Era stressato, aveva un conflitto interiore, era ancora sotto il giogo del cardinale”. La sera del 10 luglio 2018, quando si è recata a casa di Becciu, Ciferri ha detto di avergli chiesto conto del motivo per cui gli avesse mandato un medico a Casa Santa Marta, e di avergli detto sull’uscio, al termine della sua visita : “le sarò nemica come un esercito schierato in battaglia”. Quanto alla sua qualifica, ha precisato di non essere mai stata un agente segreto, ma di aver avuto una collaborazione con il VIS come analista, dal 2005 al 2009. “Dal 9 agosto la signora Chaouqui ha cominciato a telefonarmi”, ha riferito Ciferri: “Avevo paura che Becciu volesse eliminare Perlasca. Gli aveva somministrato dei barbiturici e lui era rimasto così, come uno zombie, per giorni e giorni”. Cominciano, così, le confidenze della Chaouqui, che a suo dire “aveva messo insieme una strategia con Diddi, Milano, la Gendarmeria e con lo stesso Pontefice”. “Sento dire che la Chaouqui è come il carbone: chi la tocca si tinge e si sporca”, ha aggiunto lasciando intendere che fosse lei a suggerire al Promotore di Giustizia Diddi la strategia processuale. Da allora, ha sostenuto, viene messa da Chaouui – che usa il “noi” – al corrente di tutte le vicende processuali, usando un “noi”. “Dopo le pressioni, Perlasca si è deciso a dire la verità, spinto, sollecitato, incoraggiato dal Santo Padre, dalla mamma e dalla Chaouqui che affermava di parlare a nome di Diddi”, ha dichiarato la teste, spiegando che “soltanto il Papa ha una copia del memoriale”, a suo dire “caldeggiato” dalla Chaouqui, affermazione questa poi negata nell’interrogatorio successivo della teste. Quanto ai messaggi con la Chaouqui, Ciferri ha precisato che non sono a disposizione di nessun altro: “Sono 6000 pagine scritti8, 2 cd e una pennetta”, tutti depositati prima di Natale presso un notaio. “Ho denunciato per cinque volte all’autorità di questo Stato la signora Chauoqui, perché avevo molti sospetti”, ha aggiunto riferendo di aver ricevuto quotidianamente da lei “miriadi di informazioni su Diddi” e sul processo. “Essere utilizzati tutti e due come gli scemi del villaggio mi ha fatto soffrire”, ha commentato a proposito di lei e Perlasca. Quanto alla cena al ristorante Lo Scarpone, “è stata un’operazione pilotata dalla A alla Z” da parte della Chaouqui, ha affermato, facendo notare che “da avversaria di mons. Perlasca improvvisamente diventa la paladina di Perlasca. Anche con lo stesso Pontefice è avvenuto lo stesso”.

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