Decreto sicurezza per Ong: Acli, “salvare vite è un dovere, non un crimine”

“L’accanimento degno di miglior causa con cui il Governo persegue l’attività delle Ong che operano salvataggi nel Canale di Sicilia segna un punto ulteriore con l’ennesimo decreto sicurezza che non sembra destinato a sorte migliore di quelli che lo hanno preceduto, visti gli elementi di dubbia costituzionalità che già affiorano alla semplice lettura non del testo – che ancora manca- ma dei contenuti che il Governo ha reso noti”. Lo affermano le Acli in una nota nella quale così si esprimono: “Condividiamo l’opinione di mons. Giancarlo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente di Migrantes, secondo cui ‘questo decreto cadrà perché è basato su di un segnale di insicurezza che è fasullo’”. “Il dato di fatto – commentano le Acli – è che il nostro Paese è quello che accoglie molti meno migranti rispetto ad altri in Europa, e che il problema è semmai quello di affrontare una questione ormai strutturale, come è quella dell’immigrazione dal Sud del mondo, non come un complotto o una minaccia all’ordine pubblico, ma come un rilevante problema sociale che deve essere incanalato in forme legali né vessatorie né emergenziali (un’emergenza che è dichiarata tale da quasi trent’anni è un’assurdità)”. Per le Acli, “salvare le persone è un dovere umano, se ancora siamo umani, non può essere considerato un crimine: la penalizzazione dell’attività delle Ong corrisponde più ad un riflesso repressivo di ordine propagandistico che a un’esigenza reale del Paese”. “Comprendiamo che è più facile fare propaganda che affrontare i problemi reali e complessi di fronte a cui si trovano gli Italiani, ma non è così che si governa”, concludono.

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