“Colui che ha creato il cielo e la terra, colui che è sempre stato e sempre sarà, colui che è la ragione, il principio dell’essere di tutte le cose, della nostra vita, della nostra esistenza, colui che conosce tutto, che vede nei nostri pensieri, colui che è presente a noi più che noi stessi, quello che si chiama Figlio di Dio, è venuto a farsi insieme figlio dell’uomo e allora la meraviglia deve essere la caratteristica di questa festività: siamo meravigliati, siamo ammirati, siamo sorpresi, siamo incantati per questo fatto che Dio si è fatto uomo, e che è in mezzo a noi”. Ricorda queste parole di San Paolo VI, nella “missa in aurora” del Natale 1971 mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, nel messaggio per Natale. Nella scena della natività si sviluppa come una “catena di stupore”: “ È lo stupore di chi si lascia sorprendere da Dio. Allora ogni vita si apre ad una novità insperata, quella che viene dal Signore: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’ (Ap 21,5)”, osserva il presule ricordando che “c’è anche uno stupore di Dio, quando guarda la sua creatura con amore. A cominciare dal suo stesso Figlio: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento’ (Mt 3,17). Un sentimento di stupore e di amore che si estende sino a ciascuno di noi”.
Mons. Baturi spiega: “Il Natale è questo incontro dello stupore e dell’amore, che cambiano la vita. Ogni fase della vita, a ben vedere, evolve se è accompagnata dallo stupore dell’amore: dai bambini che si stupiscono per le piccole scoperte quotidiane ai ragazzi che si stupiscono degli orizzonti che si schiudono davanti a loro; dai giovani per lo stupore di inedite relazioni coinvolgenti e travolgenti, agli adulti che si stupiscono per la possibilità di generare novità; fino ad arrivare allo stupore saggio degli anziani che con ammirazione scorgono la pienezza della vita. Quando in questi passaggi viene meno lo stupore si è travolti dalla tristezza e da sterili rammarichi che conducono all’isolamento e alla divisione”. “La Chiesa – aggiunge l’arcivescovo -ogni anno ricorda che l’origine dello stupore cristiano è l’umanità guardata da Dio con gli occhi di un bambino. Lo sguardo di un bambino provoca la vita adulta. Lo interpella ad uscire da un apparente equilibrio raggiunto e lo spinge a vivere la gratuità dell’accoglierlo, del fargli spazio. I Vangeli ci raccontano di come il mondo abbia fatto spazio allo sguardo di Dio incarnato in un bambino”. Infine, l’invito: “La memoria della nascita di Gesù vibri nel nostro sguardo aperto alla valorizzazione complessiva e inclusiva di tutto ciò che di buono, vero e giusto c’è nella realtà e negli uomini. In ogni uomo!”.