“’Il guerriero’, l’orso, ha vinto con la dolcezza della fragilità, insegnando che la vera forza non sta nel sentirsi invincibili, ma nel provare sempre a rialzarsi e nel rialzare chi è caduto. La fragilità infatti, è una porta, non un muro davanti a cui sbattere. Ecco, proprio così ci insegna Dio che diventa fragile perché quando scopriamo di esserlo lo sentiamo vicino a noi”. Lo ha detto il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, nel corso del funerale di Sinisa Mihajlovic.
Il cardinale ne ha ricordato le parole: “In diverse occasioni aveva ammesso che la malattia gli aveva fatto comprendere meglio la vita. ‘La malattia non è una colpa, succede, e basta. Ti cade il mondo addosso. Cerchi di reagire. Ognuno lo fa a suo modo. La verità è che non sono un eroe, e neppure Superman. Sono uno che quando parlava così, si faceva coraggio. Perché aveva paura, e piangeva, e si chiedeva perché, e implorava aiuto a Dio, come tutti. Pensavo solo a darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai’”. Ricordando le squadre in cui ha giocato e allenato, il card. Zuppi ha sottolineato come “Siniša dava tutta la sua forza alla squadra”. “La famiglia di Siniša era la sua squadra del cuore, da cui ha avuto il gioco più bello, e dalla quale e stato amato e protetto fino alla fine da loro che non hanno mai mollato, proprio come era e ha fatto lui – ha aggiunto -. Guai a scappare da chi sta male! Quando succede umilia chi è malato e fa sentire la malattia una colpa!”. Quindi, il ricordo del viaggio dell’ex calciatore a Medjugorje. “Ci andò da solo nel 2008, quando allenava per la prima volta il Bologna e disse: ‘Ho cominciato a piangere come un bambino, non riuscivo a trattenermi. E mi sono sentito più forte e più uomo quel giorno che in tutto il resto della mia vita”.
Presente alla cerimonia funebre di Sinisa Mihajlovic a Roma anche il sindaco, Roberto Gualtieri, e tante cariche dello sport italiano: dal ministro per lo Sport e per i giovani Andrea Abodi al presidente del Coni, Giovanni Malagó, passando per il numero uno della Figc, Gabriele Gravina e tanti amici come il ct della nazionale, Roberto Mancini, Francesco Totti e Daniele De Rossi, ma anche Gianni Morandi.