Caso don Mattia Ferrari: mons. Castellucci (Modena), “piena solidarietà al sacerdote. Sua missione non è solo celebrare messa ma anche denunciare ingiustizie”

“Circa i fatti che vedono coinvolti don Mattia Ferrari, prete dell’arcidiocesi di Modena-Nonantola, esprimo piena solidarietà al sacerdote. Non entro ovviamente nel merito delle motivazioni che hanno portato un magistrato della Procura di Modena a richiedere l’archiviazione della vicenda legata alle minacce ricevute da don Mattia: non compete a me, ma a chi conduce la difesa di don Mattia”. Lo scrive in una nota mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena – Nonantola, a seguito di alcune affermazioni della Procura di Modena che ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulle minacce arrivate attraverso i social al cappellano della Mediterranea saving humans.
“Una delle motivazioni, tuttavia, entra direttamente nell’ambito della missione pastorale del presbitero, che invece compete anche ad un vescovo – sottolinea il presule-. Il magistrato ritiene che “chi porti il suo impegno umanitario (e latamente politico) sul terreno dei Social o comunque del pubblico palco – ben diverso dagli ambiti tradizionali – riservati e silenziosi – di estrinsecazione del mandato pastorale – e lo faccia propalando le sue opere con toni legittimamente decisi e netti, inevitabilmente è destinato a confrontarsi con i frequentatori di quel mondo”.
“Gli ambiti tradizionali” nei quali si “estrinseca” il mandato pastorale “non sono semplicemente quelli ‘riservati e silenziosi’ indicati in questo passaggio – chiarisce Castellucci -. La missione presbiterale non si limita infatti alla liturgia, all’accompagnamento spirituale o alla catechesi, ma – proprio in virtù di questi atti ministeriali – può assumere rilievo anche in ambito pubblico, quando le circostanze lo portino a prendere posizioni contro quelle che il ministro ordinato ritiene ingiustizie incompatibili con il Vangelo”.
Nel richiamare il decreto “Presbyterorum Ordinis n. 6″ del Concilio Vaticano II, che afferma: “Anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli”, Castellucci precisa: “Normalmente questo servizio viene portato avanti dai sacerdoti nella pastorale ordinaria delle comunità cristiane, ma talvolta può assumere modalità straordinarie, in accordo con i loro vescovi. In ogni caso, i toni che i ministri ordinati possono e devono utilizzare per difendere poveri e deboli, tra i quali certamente sono da annoverare i profughi, sono i toni evangelici, da modulare a seconda dei contesti: dal linguaggio forte della pubblica denuncia a quello mite del perdono, nessun accento deve essere preventivamente escluso, come ci insegnano anche i Pontefici, tranne naturalmente i linguaggi diffamatori e minacciosi”.
Di qui la “fiducia nell’opera dei magistrati” e l’auspicio che “le ulteriori valutazioni della vicenda considerino una corretta e integrale visione del ministero sacerdotale, evitando di darne un’immagine così parziale e ristretta”.

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