Una tregua in Ucraina: a chiederla saranno le Chiese cristiane in Europa. “Dobbiamo sempre avere speranza e fare di tutto perché l’impossibile diventi possibile”. A parlarne al Sir è stato il card. Jean-Paul Hollerich, presidente della Comece, al termine dell’udienza che ieri, lunedì 12 dicembre, la Presidenza della Commissione degli episcopati dell’Unione europea ha avuto con Papa Francesco. Dopo 5 anni, tutta la presidenza Comece è a fine mandato. “Non mi presento per un secondo”, dice il cardinale anticipando che, a marzo, lascerà l’incarico alla Comece per dedicarsi al compito che Papa Francesco gli ha affidato come relatore generale al Sinodo sulla sinodalità. “Il lavoro del Sinodo è molto impegnativo”, spiega. “Ed è difficile fare bene le due cose insieme”. L’udienza quest’anno con Papa Francesco è stata quindi anche “un’occasione per ringraziare il Santo Padre per tutto quello che ha fatto per l’Europa e per l’Unione europea in questo tempo. E poi abbiamo parlato molto di Ucraina. Si vede che è una guerra che fa male al Papa perché ogni giorno c’è gente che muore, che soffre”.
Cosa fa più male a Papa Francesco?
La gente che soffre. C’è il freddo dell’inverno, la mancanza di cibo. La guerra continua e ogni giorno ci sono soldati e civili che muoiono. Questo pesa molto sul Santo Padre. Dobbiamo fare tutto il possibile per arrivare ad una pace giusta e bisogna fare di tutto anche per lavorare ad una riconciliazione perché senza riconciliazione, la pace non è possibile.
Lei sente che il Papa, nonostante tutto, creda ancora in una via di pace possibile?
Sì, sì. E lo credo anch’io perché dobbiamo sempre avere speranza e fare di tutto perché l’impossibile diventi possibile.
Quali potrebbero essere i passi concreti per costruire la pace?
Penso ad iniziative fatte innanzitutto insieme alla Kek, l’organismo ecumenico che rappresenta le Chiese ortodosse, protestanti e anglicane presenti in Europa. Stiamo pensando ad un’iniziativa per chiedere, con un appello, tutti insieme, una tregua per avere la pace.
Quale Europa emerge da questi colloqui con Papa Francesco?
Un’Europa più giusta, capace di prendere le sue responsabilità per l’ecologia, un’Europa che sia un fattore di pace nel mondo ed un’Europa che non deve dimenticare il cristianesimo. Un’Europa pluralista, non soltanto cristiana. Tutte le religioni devono impegnarsi per la pace e la giustizia in Europa.
In questa Europa, però, continuano a morire vite umane, soprattutto lungo la rotta del Mar Mediterraneo. Come è possibile?
Ricevo sempre notizie dal Mediterraneo e dai campi lager in Libia con tutte le violenze che ci sono, tutte le ferite inferte alla dignità dell’uomo. Ho avuto giovedì a Vienna un dibattito con la ministra austriaca per gli Affari europei durante il quale si è parlato della politica per i profughi. L’Austria è molto dura. Si parla ormai soltanto di “migranti legali” e non più di rifugiati e di profughi. Questo significa non credere più alle crisi che attraversano i Paesi nel mondo. Queste persone arrivano da noi perché non hanno più il minimo essenziale nei loro paesi. Un grande numero di rifugiati arriva anche a causa dei cambiamenti climatici. È soltanto l’inizio. Dunque, noi dobbiamo accogliere ma anche combattere le cause della migrazione. L’Europa non deve dimenticare l’umanità che soffre e non deve dimenticare che l’umanismo cristiano fa parte del suo Dna. Se noi ci definiamo cristiani ma non c’è questo impegno per il fratello e la sorella che ha bisogno di noi, non possiamo dirci cristiani.
Il Parlamento europeo è stato scosso dallo scandalo delle mazzette ricevute dal Qatar. Che cosa ha pensato quando ha letto queste notizie sui giornali?
Fanno male. La corruzione è sempre una grande ingiustizia. Che sia poi avvenuta nel Parlamento europeo fa ancora più male. D’altra parte, la signora non è riuscita a eludere la giustizia e questa è una buona notizia. Significa che il sistema giudiziario del Belgio funziona perché questo meccanismo di corruzione è stato scoperto. Non è possibile introdurre corruzione al Parlamento europeo senza che nessuno se ne renda conto. Dunque, è una buona notizia. È chiaro che la gente, soprattutto chi vive nella povertà, chi ha paura del futuro a causa dell’aumento dei prezzi, è arrabbiata quando vede una corruzione a così alto livello. Sono notizie che fanno arrabbiare e le persone hanno ragione ad arrabbiarsi. Ma bisogna comunque sottolineare che il sistema ha funzionato e che la corruzione è stata scoperta.
Cinque anni di Presidenza alla Comece. Qual è il suo bilancio?
Il bilancio è positivo. Abbiamo un segretariato che lavora in maniera straordinaria con esperti competenti ed un dialogo con le istituzioni costante. Anche la collegialità tra i vescovi è stata una esperienza molto bella. Possiamo dire che la Comece è conosciuta oggi e che siamo rispettati dalle istituzioni europee. Nel bilancio vorrei parlare anche del lavoro svolto insieme alla Kek. Sono tutti elementi che hanno consentito in questi anni di avere un certo peso.
Quale Europa vorrebbe?
Vorrei un’Europa dove la religione non sia percepita come una cosa privata ma dove tutte le religioni possano avere una voce pubblica, partecipare a dibattiti democratici e possano essere ascoltate come autorità morali perché la loro voce è necessaria all’Europa. A volte, la nostra può essere una voce critica, per esempio nei riguardi della politica delle migrazioni. Ma è importante che ci sia.