“Promuovere il riconoscimento della dignità di ogni persona è una responsabilità costante della Chiesa: è la missione di continuare nel tempo la vicinanza di Gesù Cristo ad ogni uomo e ogni donna, in particolare a quanti sono più fragili e vulnerabili”. Lo ha affermato oggi Papa Francesco ricevendo in udienza un gruppo di persone con disabilità in occasione della loro Giornata internazionale delle persone con disabilità. Il Pontefice ha ringraziato mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, “per le sue parole e anche per l’impegno delle Chiese in Italia di mantenere viva l’attenzione verso le persone con disabilità, con un’azione pastorale attiva e inclusiva”. “Accogliere le persone con disabilità e rispondere ai loro bisogni è un dovere della comunità civile e di quella ecclesiale”, ha affermato Bergoglio. “Questo era lo sguardo di Dio sulle persone che incontrava: uno sguardo di tenerezza e di misericordia soprattutto per coloro che erano esclusi dall’attenzione dei potenti e persino delle autorità religiose del suo tempo. Per questo, ogni volta che la comunità cristiana trasforma l’indifferenza in prossimità e l’esclusione in appartenenza, adempie la propria missione profetica. In effetti, non basta difendere i diritti delle persone; occorre adoperarsi per rispondere anche ai loro bisogni esistenziali, nelle diverse dimensioni, corporea, psichica, sociale e spirituale. Ogni uomo e ogni donna, infatti, in qualsiasi condizione si trovi, è portatore, oltre che di diritti che devono essere riconosciuti e garantiti, anche di istanze ancora più profonde, come il bisogno di appartenere, di relazionarsi e di coltivare la vita spirituale fino a sperimentarne la pienezza e benedire il Signore per questo dono irripetibile e meraviglioso”.
Il Papa ha aggiunto: “Generare e sostenere comunità inclusive significa, allora, eliminare ogni discriminazione e soddisfare concretamente l’esigenza di ogni persona di sentirsi riconosciuta e di sentirsi parte. Non c’è inclusione, infatti, se manca l’esperienza della fraternità e della comunione reciproca”. E inoltre: “è doveroso garantire alle persone con disabilità l’accesso agli edifici e ai luoghi di incontro, rendere accessibili i linguaggi e superare barriere fisiche e pregiudizi. Questo però non basta. Occorre promuovere una spiritualità di comunione, così che ognuno si senta parte di un corpo, con la sua irripetibile personalità. Solo così ogni persona, con i suoi limiti e le sue doti, si sentirà incoraggiata a fare la propria parte per il bene dell’intero corpo ecclesiale e della società. Auguro a tutte le comunità cristiane di essere luoghi in cui ‘appartenenza’ e ‘inclusione’ non rimangano parole da pronunciare in certe occasioni, ma diventino un obiettivo dell’azione pastorale ordinaria”.