Donne che fanno la differenza. È il filo rosso che accomuna le uscite tra cinema e piattaforme di questa settimana. Ritratti femminili vibranti, coinvolgenti e persino autoironici. Anzitutto in sala c’è “The Woman King” di Gina Prince-Bythewood con il Premio Oscar Viola Davis, in una performance fisica-introspettiva spiazzante: è il generale guerriero Nanisca alla guida della liberazione del Regno del Dahomey nell’Africa di inizio XIX secolo. Ancora, su Prime Video è disponibile il doc “Sbagliata Ascendente Leone” dal duo registico Bendo, uno sguardo ravvicinato sulla cantante-attrice Emma Marrone, un ritratto onesto, senza filtri, che corre veloce tra sorrisi e lacrime. Infine, anteprima della serie Netflix “Odio il Natale” targata Lux Vide e firmata dal duo Cric con protagonista Pilar Fogliati, un racconto natalizio sulle rotte della commedia e del sentimento. Il punto Cnvf-Sir.
“The Woman King” (al cinema, 01.12)
Nel corso della sua trentennale carriera l’attrice statunitense Viola Davis (classe 1965) si è aggiudicata praticamente tutto: un Oscar (“Barriere”, 2017), un Emmy (“Le regole del delitto perfetto”) e due Tony Award (uno per lo spettacolo “Fences”, 2010). La Davis è un’attrice maiuscola, come poche a Hollywood. Come lei di certo Meryl Streep, capofila, insieme a Cate Blanchett e Tilda Swinton, capaci ogni volta di calarsi in ruoli talmente diversi, intensi e imprevedibili. E va in tale direzione anche l’ultimo lavoro della Davis, “The Woman King” diretto da Gina Prince-Bythewood (“The Old Guard”, 2020), da un’idea dell’attrice Maria Bello su sceneggiatura di Dana Stevens. Un racconto epico, al femminile, che ci porta nelle pieghe dell’Africa tra XVIII e XIX secolo.
La storia. Inizio ‘800, il Regno di Dahomey è guidato dal re Ghezo (John Boyega) ed è protetto dalle abili e temute amazzoni Agojie. Il loro generale è Nanisca (Viola Davis), una donna che è sfuggita a violenze indicibili ed è divenuta un condottiero granitico. Accanto a lei, a condividere amicizia e battaglie, la fidata Amenza (Sheila Atim) e la valorosa Izogie (Lashana Lynch). Durante l’addestramento delle nuove reclute, dove spicca la coraggiosa Nawi (Thuso Mbedu), si palesa la minaccia del violento Oba Ade (Jimmy Odukoya), che non intende arrestare la tratta degli schiavi verso le Americhe e l’Europa.
Passato al Toronto Film Festival, “The Woman King” presenta più piste narrative. Anzitutto, il film mette a tema la Storia, la spinosa questione del colonialismo e della tratta degli schiavi che ha depredato e violato l’Africa per generazioni. In particolare, sottolinea lo sfruttamento della popolazione femminile, donne esposte a violenze e traumi brucianti. Al contempo, il racconto sposa la prospettiva del Regno di Dahomey teso a svincolarsi dal giogo perverso dello schiavismo, facendo leva su idee-valori di modernità e uguaglianza. In questa cornice, l’attenzione si sposta su due donne, la veterana Nanisca e la recluta Nawi: distanti per età, ma simili per carattere e determinazione, che spingeranno la comunità alla rivolta per la libertà.
Punto di forza di “The Woman King” è senza dubbio Viola Davis, che si è sottoposta a una trasformazione fisica di rara bravura: si è calata nel personaggio lavorando su una fisicità segnata da forza, agilità e ruvidezza, non trascurando però anche un suo adeguato approfondimento psicologico. Tra sguardi e parole accennate, la Davis aiuta lo spettatore ad accedere alla conflittualità interiore di Nanisca, del suo essere insieme guerriera, donna e madre. Una figura stratificata, complessa e dolente che lascia traccia. Purtroppo, meno incisiva è la struttura narrativa, la sceneggiatura, che spesso deraglia tra raccordi didascalici, sottolineature enfatiche e una violenza a tratti fuori controllo. Peccato.
Se “The Woman King” presenta dunque un andamento claudicante, a salvare il tutto – proprio come fece la Streep con “The Iron Lady” (2011) – è il contributo della Davis, di imbarazzante bravura. Aria di Oscar? I presupposti ci sono. Complesso, problematico, per dibattiti.
“Sbagliata Ascendente Leone” (su Prime Video, dal 29.11)
Che bella sorpresa! Parliamo del documentario “Sbagliata Ascendente Leone” targato Lotus Production – Leone Film e in distribuzione su Prime Video di Amazon. Diretto dal duo registico Bendo, ossia Lorenzo Silvestri e Andrea Santaterra, il film è un ritratto senza filtri della cantante-attrice salentina Emma Marrone in occasione del decennale della carriera, dalla vittoria del programma “Amici” nel 2010. In particolare, “Sbagliata Ascendente Leone” ci racconta l’ultimo anno e mezzo dell’artista, dai concerti del 2021 all’Arena di Verona al ruolo di giudice a “X Factor”, sino al ritorno in gara al Festival di Sanremo nel febbraio 2022 con il brano “Ogni volta è così” e le riprese della serie Tv Sky “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino.
Sia chiaro, il documentario non è affatto una carrellata di trionfi e trofei. Desiderio dell’artista – anche autrice del film – è quello di aprire una fessura sulla sua quotidianità: in primis il retropalco durante i concerti, con gli esercizi per scaldare la voce, le prove con il gruppo di lavoro, compresi i momenti di tenerezza scambiati con la famiglia. Nel doc, poi, c’è molto della Emma “casalinga”, ritratta nel suo habitat, con le sue abitudini segnate dalla semplicità. Famiglia e amici occupano il centro del suo universo, insieme alla musica, di cui si ricordano le collaborazioni con Vasco Rossi, Loredana Bertè, Alessandra Amoroso, Dardust e Francesca Michielin. “Sbagliata Ascendente Leone” approfondisce inoltre una pagina importante nonché dolorosa della vita di Emma, il confronto-scontro con il tumore, che non le ha dato tregua dall’età di vent’anni con diverse ricadute. Emma non esita e racconta con grande compostezza le sue battaglie, decidendo di fare della propria storia spazio di condivisione con le tante donne che hanno dovuto affrontare lo stesso calvario.
Nell’insieme “Sbagliata Ascendente Leone” è un doc che conquista per la grande spontaneità e naturalezza con cui l’artista, Emma, si mette in gioco. A ben vedere, questa è sempre stata la sua cifra, che qui conferma: una donna forte e luminosa, prima ancora che un’ottima e grintosa artista pop-rock. Un doc riuscito, intenso e dinamico, che sui titoli di coda tocca anche le corde della commozione. Consigliabile, problematico-semplice, per dibattiti.
“Odio il Natale” (su Netflix dal 07.12)
Arriverà su Netflix dal 7 dicembre la miniserie “Odio il Natale”, prodotta dalla Lux Vide e diretta dal duo Cric – Davide Mardegan e Clemente De Muro –, remake della fortunata serie norvegese “Natale con uno sconosciuto” (“Hjem til jul”, 2019-20, 2 stagioni); l’adattamento è firmato da Elena Bucaccio, Viola Rispoli e Silvia Leuzzi. Protagonista è Pilar Fogliati (“Corro da te”, “Cuori”, “Un passo dal cielo”). Grazie a Netflix abbiamo visto la serie in anteprima.
La storia. Chioggia oggi, Gianna (P. Fogliati) è un’infermiera trentenne, felice del proprio lavoro ma insoddisfatta a livello sentimentale. Dopo la rottura della sua ultima relazione, non ha stimoli nel voltare pagina. In famiglia tutti la tormentano per il suo essere sola, inconcludente, così Gianna si mette in testa di trovare l’uomo giusto in tempo per Natale.
Ha una struttura leggera e frizzante la serie “Odio il Natale”, in linea con l’originale norvegese. È il racconto di una Bridget Jones italiana, apprezzata sul lavoro e sottovalutata in casa. Giocata sul meccanismo della commedia degli equivoci, nella tradizione della “screwball comedy” (punto di è riferimento “Susanna!” di Howard Hawks del 1938). A ben vedere, non tutto gira in maniera fluida, con inciampi qua e là tra soluzioni telefonate e scivolate mielose, ma nell’insieme il prodotto risulta godibile, con sguardi di senso legati alla famiglia e al Natale, che ben centra l’obiettivo del racconto d’evasione. Consigliabile, problematico-semplice, per dibattiti.