“Lo sciopero è revocato, nessuno dovrebbe prendere la vittoria, ma se si tratta di vittoria, chi ha vinto? Sarebbe il popolo boliviano, perché Santa Cruz ha lottato per tutti, non ha lottato solo per Santa Cruz, il sacrificio più grande è stato qui, ma la visione era nella lotta per il Paese”. Lo ha detto ieri, durante l’omelia domenicale, l’arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, mons. René Leigue, alla luce della conclusione, dopo 35 giorni, dello sciopero a oltranza convocato contro la scelta del Governo di rinviare il censimento generale. Il Parlamento ha infatti approvato la legge di istituzione del censimento per il 23 marzo 2024. Il Governo non è dunque tornato indietro rispetto alla scelta del 2024, ma i manifestanti possono affermare che il censimento, destinato a cambiare l’equilibrio della rappresentanza territoriale a livello parlamentare e di ripartizione dei fondi (a vantaggio di Santa Cruz, la cui popolazione è cresciuta negli anni) è stato ufficialmente convocato.
Sulla fine dello sciopero si è pronunciato anche il presidente della Conferenza episcopale boliviana, mons. Aurelio Pesoa Ribera, vescovo del vicariato apostolico del Beni, esprimendo non pochi dubbi sul futuro: “Nel Paese sono passati 35 giorni di scioperi e conflitti, sicuramente in questi giorni ci sarà un’apparente serenità e normalità, ma sorge spontanea la domanda: quanto promesso sarà vero? Quanto durerà questa apparente serenità? Sappiamo già che le mezze verità hanno le loro conseguenze”. In questi tempi di conflitti “che viviamo nel Paese si ripetono parole che non costruiscono né rispettano, ma sono insulti, squalificanti, arrivano all’aggressione. Con questo atteggiamento tanti fratelli sono stati feriti, un popolo è stato ferito, una ferita che ci vorrà molto tempo per guarire”, ha aggiunto.