“Si era nel 1963 quando Giovanni XXIII donò al mondo quella Magna Charta della visione cristiana della pace che è la Pacem in terris” e “finalmente oggi sembra che almeno una parte della comunità internazionale abbia preso consapevolezza di quello stravolgimento della ragione umana che arriverebbe a concepire una guerra il cui risultato sarebbe l’annientamento reciproco e senza scampo dei contendenti. E non ci riferiamo esclusivamente ai nove Paesi che possono contare su una propria produzione di armi nucleari ma anche ai loro alleati che le posseggono diventando al contempo obiettivi strategici e potenziali minacce globali. Non dimentichiamo che tra queste vi è anche l’Italia che possiede armi nucleari statunitensi nei siti di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone)”. Lo scrive don Tonio Dell’Olio, presidente Pro Civitate christiana, nel numero di novembre di Vita Pastorale. Nel ripercorrere il cammino che ha condotto al Trattato internazionale per l’abolizione delle armi nucleari, ad oggi firmato da 86 nazioni e ratificato da 66, in vigore dal 22 gennaio 2021, il sacerdote ricorda la prima Conferenza degli Stati parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Vienna, 21-23 giugno scorso) dalla quale è uscita una dichiarazione finale che ribadisce che il Trattato mette definitivamente fuori legge chi detiene o usa armi nucleari e che “le catastrofiche conseguenze umanitarie delle armi nucleari non possono essere affrontate adeguatamente, trascendono i confini nazionali, pongono gravi implicazioni per la sopravvivenza e il benessere umano e sono incompatibili con il rispetto del diritto alla vita”. Ribadita con forza, in un continente che vede contrapposti due blocchi che detengono armi nucleari e, talvolta, ne minacciano l’uso, la preoccupazione sui “nove Stati che possiedono ancora circa 13.000 armi nucleari e per le dottrine di sicurezza che stabiliscono il criterio per l’uso o la minaccia di uso delle armi nucleari”.
Nel suo messaggio all’assise, Papa Francesco ha sottolineato che “un mondo libero dalle armi nucleari è sia necessario sia possibile”; che esse “rappresentano un ‘moltiplicatore di rischio’ che fornisce solo un’illusione di una ‘sorta di pace’”, ed ha riaffermato: “L’uso di armi nucleari, come pure il loro mero possesso, è immorale”. Il risultato più promettente della Conferenza, conclude Dell’Olio, è la nascita di “una lobby internazionale, autorevole e diffusa, che vuol costruire la pace partendo dall’eliminazione della minaccia più grave e decisiva”.