Giornata per la vita: Cei, “la cultura della morte si diffonde e ci contagia”, “guerra non è soluzione”

“In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una ‘soluzione’ drammatica: dare la morte”. A denunciarlo sono i vescovi italiani, nel Messaggio per la Giornata per la vita, in programma il 5 febbraio 2023 sul tema: “La morte non è mai una soluzione. ‘Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte’ (Sap 1,14)”. Nel testo, la Cei osserva come “il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali”. Dietro questa presunta “soluzione” – la denuncia – “è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto”. Nel messaggio si stila un ampio elenco di tali atteggiamenti: “Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto. Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel ‘suicidio assistito’. Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche. Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita. Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta”. “Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli – la denuncia più strettamente riferita al tragico scenario attuale – i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la ‘soluzione’ della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi. Così, poco a poco, la ‘cultura di morte’ si diffonde e ci contagia”.

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