Con 65 seggi ottenuti, quando ancora manca il 15% di voti da scrutinare, la coalizione di centro-destra, che fa capo a Benjamin Netanyahu si appresta a vincere le elezioni di martedì 1° novembre, la quinta tornata elettorale in meno di quattro anni. Il partito di Bibi, il Likud, viene accreditato di 31 seggi, gli altri 34, necessari per governare da qui fino al 2026, verranno dalle formazioni politiche sue alleate come Sionismo religioso (14 seggi), il partito di estrema destra guidato da Ben Gvir, dalle forti posizioni anti-arabe, e dai due partiti ultraortodossi Shas (12) e Torah unita nel giudaismo (8). Al governo uscente guidato da Yair Lapid, il cui partito laico centrista Yesh Atid ha riportato 24 deputati, seconda forza in Parlamento, il resto dei seggi. Più indietro Unità nazionale di Benny Gantz (12 seggi), il partito nazionalista laico Yisrael Beitenou di Avigdor Lieberman (5 seggi), il partito arabo Ràam (5 seggi) e i Laburisti (4 seggi). L’altro partito arabo Hadash-Tàal, che correva da solo, prende 5 seggi.
Tre, a guardare i risultati, sembrano essere gli elementi significativi di questa tornata elettorale: il “no” agli arabi al governo, l’alta affluenza alle urne attestata oltre il 71%, la più alta dal 2015, e l’impennata dei voti del partito di Ben Gvir, Sionismo religioso, nato nel 2012 e che fino al 2021 non aveva mai avuto un deputato alla Knesset. Gvir è l’altro vincitore di queste elezioni. Il politico è un acceso fautore degli insediamenti in Cisgiordania, considerati illegali dalla comunità internazionale, del “trasferimento” della popolazione araba fuori dei confini di Israele e ammiratore di Baruch Goldstein, l’autore del massacro di Hebron del 1994, che causò la morte di 29 musulmani palestinesi in preghiera e il ferimento di altri 125. Gvir viene dato come possibile ministro della Sicurezza interna, che controlla la polizia, carica alla quale aspira nemmeno troppo velatamente. Tuttavia, preoccupazioni sulla sua presenza in un eventuale futuro governo sono state espresse da Usa e Emirati arabi uniti questi ultimi pronti a mettere in discussione anche gli accordi di Abramo. Per quanto riguarda Netanyahu questa vittoria elettorale lo farebbe diventare il premier più longevo della storia di Israele, superando il fondatore di Israele David Ben Gurion. Ma non solo. La vittoria allontanerebbe anche il rischio di processo intentato a suo carico con le accuse di corruzione, frode e abuso di potere. Processo che era ripreso lo scorso 24 ottobre.
Sinistra: destino appeso. Sotto la soglia di sbarramento del 3,25% richiesto restano – al momento – Focolare ebraico di Ayelet Shaked, il partito arabo-israeliano Balad, la storica formazione di sinistra Meretz. Il destino di questi ultimi due partiti è legato allo spoglio dei circa 570mila voti espressi da diplomatici in servizio all’estero, disabili, pazienti affetti da Covid e da soldati, poliziotti e funzionari elettorali in servizio nelle operazioni di voto. Lo spoglio è previsto a partire da questa sera e il risultato sarà noto nella giornata di domani. Se Meretz, che ora vanta un 3,2% dovesse farcela, la coalizione di Netanyahu potrebbe vedere assottigliarsi il numero dei suoi seggi ma senza rischiare di perdere la maggioranza. Da Ramallah, sede dell’Autorità nazionale palestinese, non si è fatta attendere la reazione del primo ministro Mohammed Shtayyeh per il quale questi risultati “sono l’esito naturale della crescita dell’estremismo e del razzismo nella società israeliana”.