Nessuno ha intenzione di mollare la presa. Mentre è in atto un’offensiva sanguinaria da parte di Kiev per riprendere la città di Kherson, i messaggi fra i due fronti continuano a essere incendiari e mirano a perpetrare la strategia del rischio. Per Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali e studi strategici all’Università di Firenze, le trattative sono al momento lontane così come possibili mediazioni.
Professore, Kiev dice che è iniziata la collaborazione con l’intelligence israeliana. È una novità rilevante.
Israele è costretta a mantenere una posizione di estrema prudenza per molteplici ragioni. Una parte della diaspora ebraica rientrata in Israele proviene sia dalla Russia sia dall’Ucraina ed è evidente che il legame con i Paesi di origine sia forte. Inoltre i russi sono in Siria, appoggiano il regime di Assad e sono schierati al fianco di Hezbollah. Stando così le cose, Israele deve mantenere buone relazioni con Mosca perché ha i russi ai confini. C’è sicuramente preoccupazione per l’aiuto dell’Iran al Cremlino ma bisogna stare attenti perché se Israele cominciasse a fornire tecnologie sofisticate agli ucraini ci potrebbe essere il rischio che cadano nelle mani dei russi e quindi vengano messe al servizio degli iraniani. La politica estera israeliana è estremamente pragmatica e Israele è disposto a scendere a patti pur di mantenere gli interessi nazionali. Proprio perché potrebbe essere di massimo rilievo, Israele ha tutto l’interesse di mantenere una posizione equilibrata. Non può infatti compromettere i suoi rapporti con la Russia.
Il Papa potrebbe fare da intermediario per i negoziati?
Pur non avendo informazioni dirette, posso supporre che il servizio diplomatico della Santa Sede si muova per stabilire i contatti. Non so quali speranze di successo possa avere. La posizione della Chiesa russa è molto chiara e rigida, nettamente diversa da quella vaticana. Questo contribuisce all’allargamento della frattura plurisecolare fra le due Chiese. Poi c’è la questione della guerra sul campo: è in atto un’offensiva ucraina per riprendere la città di Kherson e una contromossa russa. La situazione perciò è in movimento. Mi sembra improbabile che si giunga a una trattativa di pace con una mediazione papale o di chiunque altro. Per ora mi pare che la questione sia legata alla non volontà delle parti. Anche Putin si è detto disponibile a parlare in un tavolo di negoziato. Il problema però è cosa Putin chiede come condizione minima e cosa è disposto a concedere Zelensky.
In inverno il conflitto si potrebbe fermare?
Si potrebbe rinviare tutto alla primavera. Non sarebbe una soluzione ma solo un congelamento delle posizioni che potrebbe rendere più facile le trattative che ora sembrano lontane.
Ora le parti sembrano scatenate in un botta e risposta incendiario. Cosa c’è di vero al fondo delle dichiarazioni?
La guerra si protrae da otto mesi e spinge i contendenti a farsi la guerra anche sul piano delle minacce. È una strategia di manipolazione del rischio. Sono affermazioni roboanti che hanno lo scopo di incidere sulla controparte e enfatizzare per ottenere un vantaggio. I rischi ci sono e sono elevati. Nessuna delle due parti ha intenzione di mollare la presa. È in corso un’offensiva importante intorno alla città di Kherson che ha un valore simbolico e tutto fa pensare che la situazione sia in una fase di riscaldamento.
L’intenzione è quella di aumentare la paura.
Sì, l’intenzione è quella. Facendo presente tutti i rischi e le conseguenze che si assocerebbero al caso in cui i rischi divenissero eventualità concrete. Le esercitazioni nucleari da parte della Federazione russa, lo stanziamento di un contingente di quasi 5mila uomini da parte degli Stati Uniti in Romania, le ricorrenti affermazioni all’uso di un’arma nucleare sporca, sono altrettante mosse al fine di ottenere un risultato rispetto alla percezione, ovvero, l’azione della controparte.
La Cina dice che la Russia deve rafforzarsi ma afferma anche che va trovato un accordo con gli Stati Uniti. Come va interpretato il ruolo di Pechino?
La posizione della Cina è complessa e delicata. Da un lato, ha stretto un rapporto di grande valore con la Federazione russa, al momento suo principale alleato, ed è impossibile pensare che resti alla finestra se collassa. Dall’altro, il Paese mira a mantenere un ordine e una relativa stabilità globale che le ha consentito uno sviluppo impetuoso nell’arco degli ultimi 40 anni. La Cina ha bisogno della Russia per la sua agenda contrapposta all’imperialismo degli Stati Uniti, finalizzata a creare un ordine alternativo. La stessa Cina però non può non essere preoccupata per un’escalation in Ucraina perché un rischio deflagrazione globale metterebbe a grave rischio e vanificherebbe il percorso lento per equiparare o superare gli Usa nei prossimi 20-30 anni. È una posizione molto delicata che si aggiunge al consolidamento della figura di Xi nel Paese, confermata dall’ultimo congresso del partito comunista.
La Casa Bianca ha dichiarato che il presidente Joe Biden non incontrerà Putin durante il G20 di Bali.
Non ho mai creduto molto alla possibilità dell’incontro perché non vedo quale potrebbe essere il tavolo di discussione in questo momento. Biden ha i suoi problemi di politica interna: le elezioni sono prossime e l’opinione pubblica non è particolarmente attenta alle questioni di politica estera. Aumentano tuttavia i segnali di insofferenza rispetto a ciò che sta avvenendo in Ucraina e riguardo all’appoggio degli Stati Uniti e agli impegni economici, finanziari e militari. Biden deve stare attento ai segnali interni ma non può avere altra posizione nei confronti della Russia. Putin ha fatto del modello unipolare degli Stati Uniti il proprio principale avversario. Mi riesce quindi difficile pensare a un incontro fra i due leader possibile e proficuo.