Imprenditoria sociale: Calderini (Politecnico di Milano), “innovazione e sostenibilità sono sinonimi”

“Abbiamo bisogno di cambiare i nostri paradigmi innovativi e vivere in un mondo con tanti limiti e poche risorse. Per trovare soluzioni e aiutare qualcuno da qualche parte del mondo, dobbiamo capire che l’innovazione è stata molto utile, ma dall’altro lato ci sono delle conseguenze delle tecnologie che non sono state considerate. Dobbiamo fare i conti con qualcosa che è andato storto, l’innovazione può creare qualcosa di vizioso, se vogliamo generare un impatto e non avere conseguenze impreviste”. Lo ha detto Mario Calderini del Politecnico di Milano, intervenendo al Social Enterprise Open Camp, appuntamento di formazione internazionale dedicato all’imprenditoria sociale che per la sua giornata inaugurale è stato ospitato a Bari. Per il docente del Politecnico, “in questa fase bisogna riflettere sul rapporto tra sostenibilità e obiettivo. Innovazione e sostenibilità sono sinonimi: l’innovazione può aiutare a raggiungere l’obiettivo. Se non si è davvero innovatori, si finisce in un vicolo cieco”. Calderini ha rimarcato come: “La tecnologia ci aiuta a vivere meglio, ma la verità è che ci sono tante innovazioni senza senso. Dobbiamo ripensare l’innovazione, dobbiamo dare un mercato al futuro”. Una criticità per Calderini è il gap di opportunità, “un divario che cresce in maniera impressionante”. Per il docente, “amplificare la tecnologia porta a spogliare tutta la natura sociale della relazione. La transizione dall’inefficienza all’efficienza quando questa è determinata dalla tecnologia deve essere gestita in maniera appropriata. Nel nuovo paradigma dobbiamo riconsiderare l’inefficienza, e dobbiamo considerare innovazione solo quella che considera tutti gli effetti della transizione. Tra inefficienza a efficienza”.
Alberto Anfossi, segretario generale di Fondazione Compagnia di San Paolo, ha dichiarato: “In questa crisi, abbiamo particolarmente considerato l’investimento a impatto per così aumentare l’effetto del nostro contributo. Questa situazione ci ha fatto riflettere sull’effetto di ricaduta di quel capitale che viene da noi finanziato. Vi è dunque una mano che dona cui segue la mano degli investimenti. Abbiamo voluto essere più attenti alla dinamica legata alla comunicazione per focalizzarci sulla missione, per capire cosa volevamo fare. Abbiamo deciso di investire nella tecnologia e di cercare gli strumenti dove c’era un divario nella nostra tecnologia”.
A conclusione dei lavori Peter Holbrook, ceo of Social Enterprise Uk, ha affermato: “Le sfide sono realistiche ma sono anche piene di speranza”. Infatti, “stiamo per cambiare il mondo, vediamo fondi destinati alle rinnovabili e forse lo vedremo nella nostra vita; sono anche le comunità che insieme stanno controllando le transizioni energetiche. E ancora: ci sono prodotti che trasformano la CO2 in materiali utili. Ed è il turno della generazione Z, la quale è intelligente, caparbia e connessa. Sono degli attivisti sociali che porteranno la periferia al centro. Un’ulteriore speranza viene dal desiderio di riportare la vita selvaggia ovunque nel pianeta. Ed è il turno del progresso: è lento ma persistente. Le disuguaglianze stanno declinando e tutto questo ha un impatto enorme su ognuna di queste vite. È il turno delle imprese sociali”.

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