“Sentiamo spesso parlare del Concilio Vaticano II, ma per tanti della Romania questo evento è rimasto sconosciuto”, scrive mons. Aurel Percă, arcivescovo di Bucarest nell’editoriale di ottobre del mensile diocesano “Actualitatea creștină”. Il metropolita ricorda che il Concilio Vaticano II “si è svolto in un periodo nel quale la Chiesa in Romania non aveva alcun contatto con la Santa Sede, i vescovi e tanti sacerdoti e fedeli erano in prigione, i legami con altre diocesi dell’occidente erano inesistenti”. Inoltre, ascoltare Radio Vaticana era difficile e rischioso e le pubblicazioni straniere erano proibite. Dalla Romania hanno potuto parteciparvi solo due persone, l’ordinario di Oradea mons. Ladislau Hosszú e l’amministratore apostolico di Iași mons. Petru Pleșca, presenti ai lavori del 7 dicembre 1965 e il giorno dopo, alla chiusura del Concilio. In quel dicembre mons. Pleșca fu anche nominato vescovo da Paolo VI e consacrato nella cappella Sistina dal card. Confalonieri, per facilitare l’ordinazione di novelli sacerdoti. In quel periodo, l’unico vescovo in libertà in Romania era mons. Márton Áron, in arresto ai domiciliari nel palazzo vescovile di Alba Iulia. “Gran parte della nostra vita è stata cambiata dal Concilio Vaticano II”, afferma mons. Perca nel suo editoriale e aggiunge: “dopo sessant’anni dal suo inizio, ritornare a questo evento ha un significato speciale. È importante riscoprire le intuizioni del Concilio Vaticano II e promuovere una Chiesa con volto sinodale”.