Disuguaglianze: Oxfam, “in aumento nei Paesi poveri causa pandemia. Nel 50% tagli a spese sociali, no tasse ai ricchi nel 95%”

La pandemia da Covid-19 ha acuito i divari socio-economici in molti Paesi, soprattutto nei contesti più vulnerabili del mondo, dove gli interventi pubblici di contrasto alle disuguaglianze hanno in molti casi mostrato livelli di grave inadeguatezza. A rivelarlo è il nuovo rapporto di Oxfam e Development finance international (Dfi), pubblicato in occasione degli Annual meetings del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, in programma dal 14 al 16 ottobre a Washington. Il dossier passa in rassegna le politiche fiscali e del lavoro e alcuni capitoli della spesa pubblica (istruzione, sanità e protezione sociale) in 161 Paesi del mondo durante il primo biennio pandemico. Nonostante il mondo abbia dovuto affrontare la peggiore crisi sanitaria degli ultimi cent’anni, metà dei Paesi a basso e medio-basso reddito ha registrato una contrazione della spesa sanitaria, in rapporto alla spesa pubblica complessiva. Quasi la metà di tutti i Paesi esaminati (77) sono stati interessati da tagli alla spesa sociale e il 70% dei Paesi ha ridotto la propria spesa per l’istruzione. Nonostante la povertà lavorativa e l’impennata dell’inflazione due terzi dei Paesi analizzati non hanno incrementato i salari minimi nel biennio 2020-2021. 143 governi su 161 non hanno fatto ricorso ad aumenti del prelievo sui redditi o sui patrimoni più elevati e 11 Paesi hanno persino ridotto il carico fiscale sui cittadini più facoltosi. A pesare sugli spazi di manovra nei Paesi in via di sviluppo sono, in larga parte, le consistenti esposizioni debitorie. Nel solo 2021 i Paesi a basso reddito hanno speso il 27,5% delle risorse pubbliche per il servizio del debito interno ed estero: il doppio di quanto speso in istruzione, quattro volte la spesa per la sanità e 12 volte la spesa per la protezione sociale. “Nonostante innumerevoli precedenti storici – denuncia Oxfam – la maggior parte dei Paesi non ha optato nel biennio 2020-2021 per un incremento dell’imposizione su redditi o patrimoni più elevati o per la tassazione straordinaria degli extra-profitti pandemici incamerati da operatori in settori economici, come il settore farmaceutico, l’It o il settore del commercio online, che hanno visto incrementare congiunturalmente la domanda per i propri beni e servizi. Così facendo, i governi hanno rinunciato a risorse importanti per supportare chi – tra famiglie e imprese – ha subito i contraccolpi più duri della crisi”.

 

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