“La reazione della Russia a Kiev ha due significati. Il primo è il più palese: una vendetta per l’attentato al ponte della Crimea. Il secondo è che con questa serie di attacchi Putin risponde anche a quelli che in patria lo criticano perché vorrebbero una guerra più guerra e non solo un’operazione militare. Tra questi, la guardia nazione e ambienti dei servizi segreti”. Lo dice al Sir il giornalista Fulvio Scaglione, in passato corrispondente da Mosca per testate cattoliche italiane e profondo conoscitore della realtà russa. “Da questa serie di bombardamenti vi è un segnale dell’inasprimento dell’atteggiamento russo. Probabilmente dobbiamo aspettarci una escalation di questi attacchi”, osserva.
Guardando all’atteggiamento dell’Occidente, Scaglione sottolinea come “abbiamo sentito parlare di necessità di negoziato proprio dagli Usa per evitare l’attacco atomico”. “Mentre l’Europa altrettanto paradossalmente sembra totalmente incapace di produrre e promuovere una qualche iniziativa di composizione del conflitto o di arresto del conflitto. E ne pare totalmente incapace come comunità e come singoli Stati. Paradossalmente proprio in Europa si fa un discorso bellico. Ed è un paradosso. Perché dovrebbe essere la prima interessata a una tregua, se non a una pace, vista la vicinanza geografica con i luoghi del conflitto”.
Soffermandosi sulla situazione interna alla Russia, il giornalista ribadisce che “Putin non rischia molto”. “Però, è sempre più forte la pressione perché venga fatta piazza pulita degli attuali vertici militari, a cominciare dal ministro della difesa e dal capo di stato maggiore – osserva –. Putin li difende e li mantiene al loro posto proprio perché licenziarli sarebbe come ammettere che l’operazione militare speciale è fallita. Quindi, in qualche modo, difendendo loro Putin difende se stesso. Il che vuol dire che c’è una pressione nei suoi confronti che non può più ignorare”.