Prima che sia troppo tardi

È come se in uno scatto fotografico si fosse concentrata tutta la bellezza del mondo. Bellezza che è anche complessità, magari fatica, dolore e insieme gioia, dolcezza, tenerezza. Come una storia intera raccontata in un solo secondo. Uno sguardo che si apre come una finestra su un universo e ce lo fa intuire, ce lo fa vedere, sentire. Un universo che è la vita stessa. In questi giorni si è aperta la mostra del fotografo statunitense Steve McCurry che negli istanti fissati dal suo obiettivo riesce a dire tutto questo e molto altro ancora.

È come se in uno scatto fotografico si fosse concentrata tutta la bellezza del mondo. Bellezza che è anche complessità, magari fatica, dolore e insieme gioia, dolcezza, tenerezza. Come una storia intera raccontata in un solo secondo. Uno sguardo che si apre come una finestra su un universo e ce lo fa intuire, ce lo fa vedere, sentire. Un universo che è la vita stessa. In questi giorni si è aperta la mostra del fotografo statunitense Steve McCurry che negli istanti fissati dal suo obiettivo riesce a dire tutto questo e molto altro ancora. Sono perlopiù ritratti, occhi e sguardi. C’è la ragazza afgana fotografata nel 1984 quando aveva appena 12 anni, di recente tornata tristemente sulle colonne dei giornali. Un volto che è divenuto iconico. Un’immagine di una potenza sensazionale. Di primo acchito la posa, il velo che le incornicia il viso e quegli occhi verdi come smeraldo, sembrano quelli di una principessa, di una ragazza nobile; poi ad uno sguardo più attento si nota un vena triste e spaventata, il tessuto sporco e liso del velo. Ma resta la potenza e la nobiltà. La ragazza del campo profughi di Peshawar è prova della bellezza e della preziosità della persona, nonostante tutto, nonostante le brutture del mondo.
E lei è soltanto uno dei tanti esempi che McCurry ci mostra. Ci sono le donne in burqa, tema attualissimo, ci sono i rifugiati, i poveri che pur avendo perso tutto non perdono la dignità. Forse i colori accesi di questi scatti vogliono dire anche questo, la forza e la bellezza dell’umanità, al di là di tutto. E poi gli occhi. Sguardi di bambini in cui sembra esserci dentro tutta la storia e il peso di un adulto, e occhi di bambino incastonati nel volto rugoso di anziani segnati dal tempo e dalla fatica. Forse McCurry riesce a fotografare qualcosa che va oltre l’età, le condizioni, il presente e la storia delle persone, pur comprendendo tutti questi elementi. Quasi come riuscisse a farne vedere l’anima. L’eternità. Sicuramente riesce a mostrare la preziosità di ogni singolo essere umano. Ora, in un mondo che potrebbe finire da un momento all’altro per un sì o per un no, con un conflitto che in un secondo potrebbe degenerare nella catastrofe definitiva e che già così semina morte e distruzione, come tanti altri conflitti dimenticati, ma presenti su questa nostra terra… sembra incredibile che non ci si possa fermare. E guardarci negli occhi. Guardare negli occhi soprattutto gli innocenti, coloro che non hanno voce per decidere, e subiscono in silenzio. Guardare quegli occhi in cui è concentrata tutta la bellezza del mondo e fermarsi. Prima che sia troppo tardi.

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