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Regno Unito: “Stop alle deportazioni di rifugiati in Rwuanda”. L’impegno dei gesuiti per l’accoglienza

Un programma del governo di Londra è fortemente contrastato da una parte della società britannica e dalle organizzazioni religiose. "La nuova legge sulla migrazione, il Nationality and Borders Act, punta a esiliare i richiedenti asilo in Rwanda", senza riconoscere loro alcun diritto né protezione. Megan Knowles è la vice direttrice del “Servizio di accoglienza dei rifugiati dei Gesuiti del Regno Unito”. L'esempio positivo di Felicia e Bill Hughes, che hanno aperto le porte della loro casa a chi è nel bisogno

Il nunzio apostolico nel Regno Unito monsignor Claudio Gugerotti parla ai rifugiati politici a Dover (Foto Jrs UK)

“La nuova legge sulla migrazione, il Nationality and Borders Act, punta a esiliare i richiedenti asilo in Rwanda, senza neppure prendere in considerazione le loro richieste, e vuole punirli per la realtà che stanno vivendo, il fatto che siano stati trasferiti qui contro la loro volontà, eliminando il nostro dovere di garantire loro accoglienza. Siamo preoccupati dall’intenzione della nuova premier sulla esclusione pianificata dei richiedenti asilo”. Usa parole dure Megan Knowles, la vice direttrice del “Jesuit Refugee Service UK”, il “Servizio di accoglienza dei rifugiati dei Gesuiti del Regno Unito”, per condannare il controverso piano del governo britannico per deportare richiedenti asilo in Rwanda. E lancia un appello perché “la nuova premier abbandoni queste leggi crudeli e dia vita a un sistema costruito sulla dignità, l’umanità e la giustizia”.

Diritto fondamentale. Il “Jrs UK” è in prima linea nella battaglia per garantire ai rifugiati politici cibo, soldi, corsi di inglese, ma anche assistenza legale per evitare la deportazione, e collabora, in questo lavoro, con altre charities come la San Vincenzo De Paoli e Naccom, in una rete di oltre 140 organizzazioni che lavorano con i migranti. Un risultato importante che ha raggiunto, grazie a questo lavoro, è stato la sospensione del primo volo per il Rwanda previsto per il 14 giugno scorso. La battaglia legale è stata lunga e complicata ma, alla fine, il volo è stato fermato grazie a una sentenza della Corte europea dei diritti umani che ha deliberato che il governo britannico stava violando i diritti fondamentali di un uomo iracheno che avrebbe corso “un vero rischio di danni irreversibili” se fosse stato deportato nel Paese africano.

“Hosting scheme”. Fa parte del lavoro di accoglienza di Jrs anche il “Jrs UK Hosting scheme”, un programma che, per dieci anni, ha garantito a rifugiati politici e migranti forzati in arrivo da Etiopia, Pakistan, Nigeria e nord Africa, una stanza in una casa di Londra. L’ospite e chi lo accoglierà vengono messi in contatto, si accordano sulle condizioni e firmano un contratto e chi viene accolto può scegliere le condizioni che preferisce. La sede del Jesuit Refugee Service, nel quartiere di Wapping, zona est di Londra, ospita anche un banco alimentare e offre corsi di inglese e altre possibilità di studio e di volontariato ai migranti ai quali vengono garantiti cibo, vestiti, telefonini, carte di credito, abbonamenti per i bus, consigli e informazioni. I migranti forzati e i richiedenti asilo vengono incontrati nella fase legale nella quale non hanno ancora ottenuto lo status di rifugiati e non possono accedere a sussidi e il Jrs li aiuta ad ottenere le sovvenzioni alle quali hanno diritto. Accompagna queste persone, non facendole sentire sole, e coinvolgendole in attività che diminuiscano il loro isolamento.

Famiglia accogliente. Un esempio di famiglia che, negli anni, ha garantito accoglienza ai rifugiati politici è quella di Felicia e Bill Hughes, 64 anni lei e 70 lui. Lei vicepreside di una scuola, lui architetto, i due, cattolici praticanti, sono ormai in pensione e hanno deciso di aprire le porte della loro casetta a schiera a Peckham, quartiere alla moda del sud est di Londra, a rifugiati politici e migranti forzati provenienti da Nepal, Eritrea, Etiopia, Pakistan e Algeria. La coppia è motivata dalla profonda fede cristiana e dalla convinzione che il governo britannico renda la vita troppo difficile a chi cerca asilo e non è in grado né di lavorare né di affittare né di tornare nel Paese di origine e rimane intrappolato in un limbo fatto di povertà e mancanza di possibilità. In quelle due stanzette al piano terra e altre due al primo piano sono passati, negli anni, sette ospiti, ai quali Felicia e Bill si sono affezionati e che sono diventati parte della loro famiglia.

Bilancio positivo. Anche se sono costretti a qualche sacrificio, quando fanno accoglienza, perché non possono avere altri ospiti e non possono assentarsi, il bilancio di Felicia e Bill di questa esperienza è tutto in positivo. A ripagarli è la soddisfazione che provano ad aiutare qualcuno a inserirsi in un Paese che non conoscono, dando loro una nuova possibilità di vita. Raccontano, per esempio, di quel cuoco che ha voluto, a tutti i costi, cucinare per loro e poi anche di quella signora sordomuta che non capiva l’inglese e non conosceva Londra e continuava a perdersi se non l’avessero aiutata, ogni volta, a ritrovare la strada. Anche di quel senzatetto che aveva abitato all’aperto, sotto le stelle, per tre anni, hanno un ottimo ricordo. E gli ospiti, negli anni, sono sempre stati molto rispettosi della loro casa, pronti ad aiutare, anche se Felicia e Bill non ne hanno mai approfittato cercando di affidare loro soltanto lavori non pesanti che gli ospiti potevano svolgere con piacere. Trovano che la parte più difficile di questa esperienza sia sempre la separazione. Ogni volta che un rifugiato politico se ne va si sentono a pezzi e si ripromettono di non accogliere più nessuno. Eppure, dopo qualche settimana, sono pronti a ricominciare perché – spiegano – quegli stranieri arricchiscono profondamente la loro vita.

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