Si conclude oggi a Bogotá il seminario “Le Chiese cristiane di fronte al conflitto armato colombiano: azioni di resistenza, pace e riconciliazione”, promosso dalla Conferenza episcopale colombiana (Cec), dalla Commissione nazionale di Conciliazione, dalla Caritas e dall’Università Industrial di Santader, con l’appoggio, tra gli altri, della Chiesa cattolica italiana. L’intervento centrale della prima giornata di lavori è stato quello di mons. Mario de Jesús Álvarez Gómez, vescovo di Istmina-Tadó, il quale, chiedendo una tregua a tutti i gruppi armati del Paese, ha aggiunto: “Ci sono coincidenze tra la ‘pace totale’ del presidente Gustavo Petro e il messaggio di papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti”. Dopo un’ora il presidente, a New York per l’Assemblea dell’Onu, ha auspicato che il “cessate-il-fuoco” generale sia questione di giorni.
Ha detto mons. Álvarez: “Oggi i gruppi armati illegali di Farc, Eln, Agc (Clan del Golfo, ndr), bacrim (bande criminali, ndr) stanno dominando tutte queste regioni di transito verso Urabá, Necoclí, il Chocó, oggi centrali per la massiccia migrazione verso Panama. Come vescovi di Apartadó, Quibdó e Istmina, continuiamo la pastorale con le missioni umanitarie con il supporto di Ong internazionali (oltre che di Operazione Colomba), ma ci coordiniamo costantemente anche con mons. Monsalve di Cali e gli altri vescovi del Pacifico. Ora abbiamo sane aspettative riguardo le proposte del presidente Petro. Propone la pace totale per raggiungere accordi con i gruppi armati illegali. Siamo chiamati ad essere artigiani e pace in mezzo alla distruzione della violenza, al di sopra delle opinioni personali, per il bene comune dei popoli”.
Al momento, però, “la violenza sta distruggendo le identità dei popoli afro e indigeni, condannandoli al fallimento e all’oblio. Assistiamo a violenze, in un ambiente sordido di corruzione, alla perdita di dignità per la forte presenza del narcotraffico e dell’estrattivismo”.
Le nuove sfide rappresentano anche una sfida per la Chiesa, “abbiamo fallito, non siamo stati testimoni evangelici del popolo, approfondendo le ferite. Serve la presenza dello Stato, non ci sono scuole e ospedali”. La Chiesa è chiamata, ora più che mai a una coraggiosa opera di denuncia e di difesa del diritto umanitario. Fa notare Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani e partecipante dal seminario: “Anche la Chiesa italiana ha appoggiato questo incontro, che raccoglie proposte delle varie chiese sul versante lotta pace e difesa diritti umani. Importante che ciò avvenga nel momento in cui, con il nuovo Governo, si apre la prospettiva della cosiddetta ‘pace totale’ portata avanti dal presidente Petro”.