“Non abituiamoci alla guerra”, “Dio è pace e conduce sempre alla pace”. Con questo auspicio il Papa ha cominciato e concluso il suo intervento al Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, nel Palazzo dell’Indipendenza di Nur-Sultan, subito dopo la preghiera silenziosa di tutti i partecipanti, alcuni dei quali incontrati in privato al termine della sessione plenaria.
“E’ venuta l’ora di destarsi da quel fondamentalismo che inquina e corrode ogni credo, l’ora di rendere limpido e compassionevole il cuore”, il monito da una terra percorsa nei secoli da grandi carovane: “le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa.
La ricerca della trascendenza e il sacro valore della fraternità possono ispirare e illuminare le scelte da prendere nel contesto delle crisi geopolitiche, sociali, economiche, ecologiche ma, alla radice, spirituali che attraversano molte istituzioni odierne, anche le democrazie, mettendo a repentaglio la sicurezza e la concordia tra i popoli”.
“La pace non è mai guadagnata una volta per tutte,
va conquistata ogni giorno, così come la convivenza tra etnie e tradizioni religiose diverse, lo sviluppo integrale, la giustizia sociale”, il monito di Francesco nella Messa all’Expo Grounds, primo incontro con l’esigua minoranza cattolica, poco meno di 150mila persone, pari all’1% della popolazione: “E perché il Kazakhstan cresca ancora di più nella fraternità, nel dialogo e nella comprensione per gettare ponti di solidale cooperazione con gli altri popoli, nazioni e culture, c’è bisogno dell’impegno di tutti”.
“Abbiamo bisogno di religione per rispondere alla sete di pace del mondo e alla sete di infinito che abita il cuore di ogni uomo”,
ha esordito Francesco nel Palazzo dell’Indipendenza, ribadendo che la libertà religiosa è un “diritto primario e inalienabile, che occorre promuovere ovunque e che non può limitarsi alla sola libertà di culto”. “Fino a quando continueranno a imperversare disparità e ingiustizie, non potranno cessare virus peggiori del Covid: quelli dell’odio, della violenza, del terrorismo”, la prima sfida additata ai credenti.
“Prendersi cura dell’umanità in tutte le sue dimensioni, diventando artigiani di comunione, testimoni di una collaborazione che superi gli steccati delle proprie appartenenze comunitarie, etniche, nazionali e religiose”,
l’imperativo del Papa, a partire “dall’ascolto dei più deboli, dal dare voce ai più fragili, dal farsi eco di una solidarietà globale che in primo luogo riguardi loro, i poveri, i bisognosi che più hanno sofferto la pandemia, la quale ha fatto prepotentemente emergere l’iniquità delle disuguaglianze planetarie”. “Quanti, oggi ancora, non hanno facile accesso ai vaccini! “, ha esclamato Francesco: “Stiamo dalla loro parte, non dalla parte di chi ha di più e dà di meno”. In questi giorni “ancora segnati dalla piaga della guerra, da un clima di esasperati confronti, dall’incapacità di fare un passo indietro e tendere la mano all’altro, è necessaria, per tutti e per ciascuno,
una purificazione dal male”, la proposta:
“Purifichiamoci, dunque, dalla presunzione di sentirci giusti e di non avere nulla da imparare dagli altri; liberiamoci da quelle concezioni riduttive e rovinose che offendono il nome di Dio attraverso rigidità, estremismi e fondamentalismi, e lo profanano mediante l’odio, il fanatismo e il terrorismo, sfigurando anche l’immagine dell’uomo”.
“Non giustifichiamo mai la violenza”,
la raccomandazione del Papa: “Non permettiamo che il sacro venga strumentalizzato da ciò che è profano.
Il sacro non sia puntello del potere e il potere non si puntelli di sacralità!
Dio è pace e conduce sempre alla pace, mai alla guerra. Impegniamoci dunque, ancora di più, a promuovere e rafforzare la necessità che i conflitti si risolvano non con le inconcludenti ragioni della forza, con le armi e le minacce, ma con gli unici mezzi benedetti dal cielo e degni dell’uomo: l’incontro, il dialogo, le trattative pazienti, che si portano avanti pensando in particolare ai bambini e alle giovani generazioni. Esse incarnano la speranza che la pace non sia il fragile risultato di affannosi negoziati, ma il frutto di un impegno educativo costante, che promuova i loro sogni di sviluppo e di futuro. Investiamo, vi prego, in questo: non negli armamenti, ma nell’istruzione!”
La terza sfida da raccogliere è quella di difendere la vita, sempre e comunque: “Ogni giorno nascituri e bambini, migranti e anziani vengono scartati. Tanti fratelli e sorelle muoiono sacrificati sull’altare del profitto, avvolti dall’incenso sacrilego dell’indifferenza”. Oggi è in corso “un grande esodo”, dalle aree più disagiate verso quelle più benestanti, ha denunciato Francesco: “Riscopriamo l’arte dell’ospitalità, dell’accoglienza, della compassione.
E impariamo pure a vergognarci:
sì, a provare quella sana vergogna che nasce dalla pietà per l’uomo che soffre, dalla commozione e dallo stupore per la sua condizione, per il suo destino di cui sentirsi partecipi. È la via della compassione, che rende più umani e più credenti. Sta a noi, oltre che affermare la dignità inviolabile di ogni uomo, insegnare a piangere per gli altri, perché solo se avvertiremo come nostre le fatiche dell’umanità saremo veramente umani”. Proteggere la nostra casa comune, “di fronte agli stravolgimenti climatici, perché non sia assoggettata alle logiche del guadagno, ma preservata per le generazioni future”, la quarta e ultima consegna del Papa ai leader delle religioni mondiali e tradizionali. “Andiamo avanti insieme, perché il cammino delle religioni sia sempre più amichevole”, l’invito finale.