La piccola ma organizzata Caritas del Pakistan sta già portando aiuti di emergenza dal mese di luglio alle popolazioni colpite dalle forti piogge monsoniche, peggiorate la scorsa settimana. Ora è letteralmente sott’acqua un terzo del Paese, con oltre 1.200 morti e 1600 feriti, 33 milioni di persone coinvolte di cui la metà bambini. Almeno 3,4 milioni di persone hanno bisogno di un sostegno immediato e salva-vita, centinaia di migliaia vivono in campi per sfollati o sono ospitati da altre famiglie. Le zone più colpite sono il Belucistan e la regione di Sindh, ma Caritas Pakistan segnala anche la regione di Multan e le montagne del nord. In un Paese in cui i cattolici rappresentano solo l’1% della popolazione su 180 milioni di abitanti, tutta la rete Caritas è mobilitata per far arrivare cibo, beni non alimentari, medicinali e shelter ( rifugi d’emergenza) ad almeno 13.000 famiglie in 14 distretti, tra i 72 più colpiti. L’appello alla rete internazionale delle Caritas è di 1 milione e mezzo di euro ma aumenterà nei prossimi giorni per far fronte ai tanti bisogni, in continua crescita. Caritas italiana sta ricevendo donazioni e ha fatto richiesta alla Cei di uno stanziamento di circa 300.000 euro.
“È una catastrofe simile a quella del 2010 – dice al Sir Massimo Pallottino, responsabile dell’ufficio Asia e Oceania di Caritas italiana – e ricordiamo che quelle zone sono state colpite anche da un grande afflusso di profughi afgani dopo la salita al potere dei talebani e dal terremoto. Inoltre nel Belucistan, che ha riferimenti culturali comuni all’Afghanistan, è in corso da anni un conflitto locale a bassa intensità con rivendicazioni autonomistiche, per cui i confini sono molto porosi”.
Una popolazione resiliente. Anche se non si è mai completamente preparati ad affrontare fenomeni naturali di entità così ampia la Caritas del Pakistan, presente nelle sette diocesi del Paese, ha svolto negli ultimi anni programmi a livello locale, nelle comunità e nei villaggi, per attrezzare la popolazione a reagire in maniera resiliente alle emergenze. “Questo lavoro sta dando i suoi frutti, c’è stata una buona mobilitazione della gente dei villaggi”, conferma Pallottino:
“Per ora bisogna pensare a garantire la sopravvivenza delle persone, dando attenzione alle fasce più vulnerabili come disabili, anziani, bambini e donne incinte.
Ma passata la fase dell’emergenza ci sarà il problema della ricostruzione”.
La distruzione di abitazioni, colture e infrastrutture. Le operazioni di soccorso e salvataggio sono infatti ancora difficili perché molte strade sono ancora interrotte dall’acqua delle inondazioni. Almeno 5.000 chilometri di strade e circa 160 ponti sono stati distrutti o danneggiati. Circa 950.000 case sono state danneggiate. Almeno 3,5 milioni di acri di colture sono stati colpiti e circa 800.000 capi di bestiame sono andati persi.
Tante organizzazioni umanitarie stanno intervenendo in maniera massiccia per portare aiuti: l’Unicef ha già consegnato 32 tonnellate di forniture mediche salvavita e oggi è previsto l’arrivo di un secondo carico di 34 tonnellate di forniture umanitarie, con medicinali per il trattamento delle infezioni parassitarie, kit di rianimazione e sterilizzazione, micronutrienti per le donne in gravidanza, materiale didattico e kit ricreativi per aiutare i bambini a superare i traumi. L’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) ha fornito ai rifugiati in Belucistan e nelle province di Khyber Paktunkwa oltre 71.000 articoli di emergenza tra cui tende, teloni di plastica, prodotti sanitari, fornelli, coperte e materassini. Medici senza frontiere sta curando i pazienti nelle sue cliniche mobili in Belucistan e ha allestito punti di distribuzione di acqua potabile e kit di beni non alimentari.