“Il Sinodo come un bisturi ha aperto la ferita dell’assenza di una vera relazione e della mancanza di investimento in essa”. E ancora: “Nell’analizzare i vari dettagli della nostra vita di Chiesa, spesso dimentichiamo il requisito principale: la necessità di alimentare costantemente la communio, il nostro rapporto con il Signore Gesù Cristo”. Sono due passi nei primi paragrafi del contributo che la Conferenza episcopale lituana ha predisposto, sintetizzando le osservazioni fatte durante il proprio cammino sinodale. Nasce da “tanti incontri nelle sale parrocchiali, ma anche in spazi più ‘neutri’, cioè nelle case della cultura, nelle scuole, nei centri ricreativi…”, si legge nella relazione, con inviti rivolti anche a “rappresentanti di gruppi professionali come medici, giornalisti, artisti, poliziotti, teologi…”. La sintesi muove dalla “chiamata di Dio a entrare in rapporto”, essendo Dio Colui che “crea la comunità dei fedeli e abilita e rende fruttuoso ogni cammino sinodale”. Nel secondo capitolo si parla di “Chiesa come comunità”, affrontando tra gli altri il tema del sacerdozio, dei laici nella Chiesa e della parrocchia. Il terzo capitolo affronta il tema della “missione della Chiesa”, soffermandosi su “annuncio della Parola di Dio e liturgia”, evangelizzazione e comunicazione, ecumenismo. L’ultimo capitoletto parla di “ostacoli e aspettative” e si elencano necessità della conversione, i giovani nella Chiesa, una pastorale efficace, apertura e trasparenza, autorità nella Chiesa, accoglienza. Per arrivare a dire, tra le conclusioni: “Il cammino sinodale non è un esperimento, è necessario apprendere il metodo di osservazione comunitario e applicarlo nella vita e nelle attività delle parrocchie, degli organismi, delle istituzioni diocesane. Sostenere, creare le condizioni e aiutare le comunità a continuare questi incontri”.