“I cambiamenti climatici ci sono sempre stati”. È questo il refrain che sento ripetere spesso da alcuni “amici” (anche da qualche prete) che spiegano così quanto sta accadendo in modo inequivocabile sul nostro pianeta ormai da anni. Non si nega che la temperatura complessivamente stia aumentando: il dato – purtroppo – è sotto gli occhi di tutti, con le sue evidenti conseguenze non solo in qualche lontana regione del mondo ma ormai anche dentro il nostro contesto vitale, “a casa nostra”. Pensiamo allo scioglimento dei ghiacciai delle nostre montagne ed al drammatico episodio della Marmolada di qualche giorno fa, oppure alla siccità che non dà tregua da settimane alle nostre campagne assetate. Secondo questi “amici”, tutto questo farebbe parte del normale avvicendarsi di periodi più freddi e poi più caldi nel pianeta. Non ci sarebbe null’altro da fare se non adeguarsi a quanto sta accadendo, accettando che la temperatura aumenti e prendendo le necessarie contromisure. Se il livello del mare per lo scioglimento dei poli si dovesse alzare – come ha detto qualcuno con un’ironia a dir poco imbarazzante – si costruiranno le case su delle palafitte oppure più in alto: “Vuoi mettere il panorama?”. Intanto, sempre secondo costoro, continuiamo pure a mantenere lo stile di vita attuale ed a consumare energia come abbiamo sempre fatto – soprattutto carbone e petrolio – perché l’innalzamento climatico “non dipende dall’uomo”. Ecco, questo è il punto.
Se è del tutto vero che il clima del pianeta ha sempre subito delle variazioni, non lo ha mai fatto però con la velocità cui si sta assistendo oggi.
Il problema non è la variazione della temperatura globale – questa, sì, ha sempre conosciuto dei mutamenti – ma la rapidità con cui sta avvenendo. Ed è qui che si deve vedere la responsabilità dell’uomo che, dalla rivoluzione industriale in poi, sta introducendo nell’atmosfera quantità via via crescenti di anidride carbonica e di altri gas, responsabili, secondo la stragrande maggioranza degli scienziati, del cosiddetto “effetto serra” e quindi del rapido innalzamento climatico. L’azione dell’uomo, pur non essendo l’unico fattore, ha certo una responsabilità non piccola su quanto sta accadendo: se si vuole per lo meno rallentare gli effetti dell’innalzamento climatico, all’uomo è chiesto di rivedere il proprio modello di sviluppo e di approvvigionamento energetico. In poche parole, è necessario produrre meno anidride carbonica, cercando forme più sostenibili di produzione di energia e delle alternative a petrolio e carbone.
Da anni ormai, a livello mondiale, si discute di questi temi e si firmano “protocolli d’impegno” per ridurre la produzione di anidride carbonica ma con risultati, fino ad ora, piuttosto modesti. La pandemia da Covid e il conflitto in Ucraina non aiutano certo a focalizzare l’attenzione sull’urgenza di un cambio dei paradigmi energetici del pianeta, che anzi rischia di ritornare alle più rassicuranti ed economiche – ma più inquinanti – fonti di energia da combustibili fossili.
Al di là delle scelte dei grandi, però, noi – come singoli cittadini – siamo disposti a modificare qualcosa del nostro stile di vita e ad improntare le nostre scelte a maggiore sobrietà e rispetto dell’ambiente? Nella messa di suffragio per le vittime della Marmolada, il vescovo di Trento – mons. Lauro Tisi – ha usato parole di grande fede ed umanità ed ha concluso l’omelia con un appello che dobbiamo tutti prendere sul serio: «L’immagine della Marmolada, sfregiata dalla valanga, chiama l’intera umanità a intraprendere un serio cammino di riconciliazione con il creato per tornare a custodirlo e a proteggerlo, come si fa con i fratelli e le sorelle. Chiediamo, come San Francesco, di poter davvero tornare a chiamare fratello e sorella la creazione».