“La sospensione del processo con la messa alla prova può essere concessa una seconda volta quando i reati siano contestati in diversi procedimenti ma siano stati commessi con un’unica azione od omissione o in esecuzione di un unico disegno criminoso”. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 174 (redattore Francesco Viganò) depositata oggi, con cui ha dichiarato parzialmente illegittimo l’articolo 168-bis, quarto comma, del Codice penale.
In una nota diffusa oggi dall’Ufficio comunicazione e stampa della Consulta viene ricostruita la vicenda che ha portato alla sentenza odierna: “Un imputato, dopo essere stato arrestato per cessione di sostanze stupefacenti in modica quantità, aveva chiesto e ottenuto la messa alla prova con la sospensione del processo. Dopo l’esito positivo della prova, era stato rinviato a giudizio per altri episodi di cessione di stupefacenti compiuti in periodi più o meno contestuali all’arresto, in esecuzione del medesimo disegno criminoso e dunque costituenti un unico reato continuato con quello precedentemente contestato. L’imputato aveva quindi chiesto nuovamente la messa alla prova, ma la richiesta non era stata accolta dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bologna perché secondo l’articolo 168-bis, quarto comma, del Codice penale la messa alla prova può essere concessa una volta sola. Ritenendo irragionevole – e perciò contraria all’articolo 3 della Costituzione – questa preclusione, il giudice si era rivolto alla Consulta”.
La Corte – viene spiegato – ha ritenuto fondata la questione, rilevando che “se tutti i reati commessi in continuazione fossero stati contestati nell’ambito di un unico procedimento, i relativi imputati ben avrebbero avuto la possibilità di chiedere e (…) di ottenere il beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova in relazione a tutti i reati”. Pertanto, risulta irragionevole che, quando tali reati siano invece contestati in distinti procedimenti, “gli imputati non abbiano più la possibilità, nel secondo procedimento, di chiedere e ottenere la messa alla prova, allorché siano stati già ammessi al beneficio nel primo”. “La Consulta – prosegue la nota – ha inoltre osservato che la preclusione si pone in contrasto con l’obiettivo del legislatore di sanzionare in modo sostanzialmente unitario tutti i reati legati dalla continuazione, ovvero commessi con un’unica azione od omissione, e di farlo anche attraverso il percorso, accentuatamente riparativo e risocializzativo proprio della messa alla prova”. In conseguenza della dichiarazione di illegittimità, il giudice dovrà compiere “una nuova valutazione dell’idoneità del programma di trattamento e una nuova prognosi sull’astensione dalla commissione di ulteriori reati da parte dell’imputato”, tenendo conto della natura e della gravità dei reati oggetto del nuovo procedimento, così come del percorso di riparazione e risocializzazione eventualmente già compiuto durante la prima messa alla prova.