Diocesi: mons. Carboni (Ales-Terralba), “creare comunità sempre più aperte alla collaborazione, alla condivisione, alla comunione fraterna”

Sono sostanzialmente due gli obiettivi che la Chiesa si deve dare in questo particolare momento storico: “Vedere Gesù e ritornare Lui” e “concentrarsi sull’essenziale, su quello che veramente è nutrimento per la vita della fede”. Tutta la pastorale deve tendere alla loro realizzazione e in questo senso vanno le raccomandazioni fatte dal vescovo di Ales-Terralba, mons. Roberto Carboni, alla diocesi e soprattutto ai 14 sacerdoti coinvolti nei giorni scorsi nei trasferimenti e nomine che hanno interessato 13 parrocchie di 11 comuni della Chiesa alerese.
Prima raccomandazione di mons. Carboni, che è anche arcivescovo di Oristano, al clero: “Creare comunità sempre più aperte alla collaborazione, alla condivisione, alla comunione fraterna, mantenendo anche una certa preziosa identità propria, ma aprendosi a una visione ecclesialmente profetica e, per così dire, con orizzonti più ampi, non solitaria, autoreferenziale”. La seconda riguarda la corresponsabilità: “Far crescere una comunità allargata non è compito esclusivo del parroco e dei suoi stretti collaboratori ma di tutta la parrocchia”. Perciò sinergia tra preti e laici, con quest’ultimi – uomini e donne – invitati “a lasciarsi coinvolgere nel cammino parrocchiale”. Con un suggerimento, che vorrebbe essere una regola, ai parroci perché nelle nuove sedi “si diano tempi di ascolto delle realtà, ma anche di avere pazienza con le persone, come Gesù l’ha avuta con noi; invito a valorizzare – dice il vescovo di Ales-Terralba – il bene già presente, seminato e cresciuto grazie all’impegno dei predecessori, per comprendere con umiltà cosa deve essere ancora stimolato e fatto maturare”.
Rispetto alla tentazione di staccare troppo lentamente la spina dalla precedente parrocchia o di alimentare rimpianti tra i vecchi fedeli, mons. Carboni chiarisce: “È importante che quando si lascia una parrocchia si pensi a ciò che troverà il successore. Chi lascia può anche dare consigli, favorire un passaggio non traumatico e perciò più fruttuoso, non si incentivino né si favoriscano mai nostalgie e continui pellegrinaggi, lasciando al nuovo parroco la libertà di offrire la propria peculiare proposta pastorale, alimentando sempre più la comunione con il vescovo che lo ha inviato”.
Il vescovo indica, spesso, ai suoi sacerdoti uno stile: “Facciamo nostre le parole dell’apostolo Pietro: ‘Non spadroneggiate sulle persone, ma fatevi modelli del gregge’. Con la riproposizione di una regola aurea: ‘La parrocchia non è mai eredità o proprietà del parroco; il sacerdote, specie il parroco, è solo chiamato a servire la comunità parrocchiale nella carità'”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Territori