“Si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli; si possono convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza”. A ribadirlo è stato il Papa, durante l’Angelus di ieri, in cui ha raccontato: “Una volta, un missionario raccontava di essere partito per l’Africa insieme a un confratello. Dopo qualche tempo però si separò da lui, fermandosi in un villaggio dove realizzò con successo una serie di attività edilizie per il bene della comunità. Tutto funzionava bene. Ma un giorno ebbe come un sussulto: si accorse che la sua vita era quella di un bravo imprenditore, sempre in mezzo a cantieri e carte contabili! Allora lasciò la gestione ad altri, ai laici, e raggiunse il suo confratello. Comprese così perché il Signore aveva mandato i discepoli a due a due”. “La missione evangelizzatrice non si basa sull’attivismo personale, cioè sul fare, ma sulla testimonianza di amore fraterno, anche attraverso le difficoltà che il vivere insieme comporta”, il monito di Francesco: “Allora possiamo chiederci: come portiamo agli altri la buona notizia del Vangelo? Lo facciamo con spirito e stile fraterno, oppure alla maniera del mondo, con protagonismo, competitività ed efficientismo? Domandiamoci se abbiamo la capacità di collaborare, se sappiamo prendere decisioni insieme, rispettando sinceramente chi ci sta accanto e tenendo conto del suo punto di vista, se lo facciamo in comunità, non da soli”.