Gustavo Petro, al termine di una campagna elettorale incerta, è il primo presidente di sinistra della storia della Colombia. Ha ottenuto nel ballottaggio di ieri il 50,44% dei voti, contro il 47,31% del suo oppositore, il candidato indipendente Rodolfo Hernández, definito anche il “Trump colombiano”; la restante percentuale è quella delle schede bianche, che nelle elezioni colombiane è una vera e propria opzione di voto. Un margine relativamente netto, circa 700mila voti, rispetto al sostanziale “pareggio” fotografato da molti sondaggi. L’approssimativa preparazione di Hernández, l’incertezza sulla sua proposta e il rifiuto di partecipare a un confronto con l’avversario, che pure gli era stato “imposto”, hanno fatto sì che molti elettori di centrodestra si siano astenuti o abbiano addirittura votato per Petro, che ha aggiunto quasi tre milioni di voti al risultato del primo turno, un risultato inatteso possibile anche grazia all’alta percentuale di votanti (per la media colombiana): il 58%. La giornata si è svolta sostanzialmente in modo pacifico, dopo le polemiche dei giorni scorsi, per l’arresto di numerosi sostenitori di Petro. Hernández ha riconosciuto la vittoria di Petro, telefonando all’avversario. Il nuovo presidente eletto ha ricevuto anche la telefonata del presidente uscente Iván Duque, che ha assicurato un imminente incontro per garantire un ordinato passaggio di poteri.
Secondo l’arcivescovo di Bogotá e presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis José Rueda Aparicio, si deve riconoscere che “abbiamo fatto uno sforzo democratico, dimostrando responsabilità, maturità e amore per la Colombia. Certamente, ci sono molte cose da correggere, abbiamo appreso in questa campagna elettorale cose che non si devono ripetere. Ma è importante che guardiamo al futuro, al presente e al futuro della Colombia. Continuiamo a lottare e a lavorare per la vita, la pace e lo sviluppo umano integrale”.
Prosegue mons. Rueda: “Al presidente eletto della Colombia, Gustavo Petro, e alla sua vicepresidente, Francia Márquez, auguriamo, come tutti i colombiani e come Chiesa, il successo nella guida di questo Paese, che abbiano da Dio la saggezza” per guidare la Colombia. “Come Chiesa – conclude l’arcivescovo, primate del Paese –, siamo disposti a continuare, a lavorare e a lottare per la pace, la riconciliazione e la fraternità di tutti i colombiani”. Alla vigilia, la Conferenza episcopale colombiana aveva esortato a “evitare qualsiasi manifestazione di violenza” e al rispetto dei risultati.