È nel ricordo della piccola Maria Elena che mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, ha voluto celebrare oggi la festa di san Vito, patrono di Mascalucia. “Davanti alla morte della piccola Maria Elena si è arrestato il desiderio di fare festa per san Vito, dopo due anni di pandemia, perché sappiamo che al Signore è più gradito un atto di solidarietà e di carità, che un giorno di festa. Non vogliamo lasciare nessuno solo di quella famiglia che piange Maria Elena e sta vivendo momenti davvero tragici – ha aggiunto il presule –. Crediamo che questa celebrazione e il nostro riunirci in preghiera possano fermare ogni sentimento di violenza che può naturalmente affacciarsi al cuore umano e temperare allo stesso tempo il dolore”. La morte di Maria Elena, ha detto mons. Renna, “ci interroga profondamente e ci fa chiedere dove era il Signore in quel momento. La nostra fede cristiana ci fa porre fiducia in un Dio crocifisso che si è fatto uomo, è morto da innocente per mano di violenti, è stato abbandonato dalle persone più care”. Alla domanda: “Dove era Dio in quel lunedì pomeriggio?”, mons. Renna ha risposto: “Era con Maria Elena e soffriva con lei. Dio è sempre dalla parte delle vittime innocenti e mai si può identificare con chi escogita delle ragioni per usare violenza”. “Non è una morte qualunque quella della piccola – ha affermato l’arcivescovo – e ci interroga su circostanze e responsabilità. Ma noi vogliamo essere profondamente umani e cristiani e quindi non vogliamo entrare nella coscienza delle persone e nella situazione di una famiglia che oggi ha diritto al silenzio e alla discrezione”. Per il presule, infatti, “ogni giudizio rischierebbe di tralasciare qualcosa di quello che può accadere in quell’abisso che è il cuore umano, che, quando vive la solitudine e drammi che non trovano nessun ascolto e sostegno, diventa come la lava incandescente che vediamo eruttare dal nostro vulcano. Facciamo silenzio e rispettiamo il dolore. Guardiamo con grande senso di responsabilità a quello che può accadere a chiunque, in circostanze estreme. Ci permettiamo solo di aggiungere al silenzio un invito, quello ad usare misericordia. La vendetta non può riportare in vita la piccola Maria Elena; i sentimenti, pur comprensibili, di rabbia e di astio non daranno pace a nessuno. Sarà importante che la preghiera, il silenzio e un dialogo, che possa riportare alla comprensione di dinamiche così oscure, siano un processo profondamente umano che accompagni questo futuro. Vorrei che nessuno dimenticasse che in un bambino c’è sempre uno sguardo innocente e fiducioso che non fa mai la differenza, anche con chi gli ha fatto del male. I bambini sono fragili proprio perché sono così”. “Questa morte – ha concluso – ci interroga come comunità cristiana e civile, perché quando si consuma una tragedia tutti dobbiamo chiederci qual è il suo punto di inizio, cosa è mancato alla persona e alla società in cui la persona vive. Anche nei drammi che durano anni e che vedono le famiglie sole anche nelle crisi, noi dovremmo trovare il modo di far uscire i singoli dalla solitudine e accompagnarli amorevolmente. Questa storia diventi per noi occasione per far crescere nelle nostre comunità il senso della solidarietà, il rifiuto di ogni forma di giudizio discriminante, l’organizzazione di strutture e percorsi che diano speranza a tutti”.