A lanciare per primo l’allarme è stato il comune di Mariupol su Telegram. “Decine di migliaia di morti per l’epidemia di colera – sfortunatamente, è questo lo scenario potenzialmente reale per Mariupol occupata”. Ma le notizie sono confuse. Raggiunto telefonicamente dal Sir, a parlare dell’emergenza epidemie in Ucraina con l’arrivo della stagione estiva e il caldo, è don Oleh Ladnyuk, salesiano di Dnipro, capoluogo dell’oblast’ di Dnipropetrovs’k, regione che si trova al confine con il martoriato Donbass. “Il rischio colera – dice – sembra essere circoscritto per ora alla città di Mariupol dove pare che ci siano ancora molti cadaveri sotto gli edifici distrutti. Ma non possiamo confermare la notizia perché non ci sono informazioni sicure e documentate. Gli ucraini non hanno più accesso alla città. Le notizie sono state date dal sindaco e dal vice sindaco che evidentemente hanno informazioni dalle persone rimaste lì ma non sono informazioni ufficiali. Si è venuto a sapere che i russi hanno portato medicine specifiche ed hanno aperto a Rostov un ospedale per malattie infettive. Ma ufficialmente non si hanno notizie certe”.
Sul post Telegram, il comune di Mariupol parla di serie di fattori che possono portare a un’epidemia che viene definita “esplosiva”. “Non funzionano l’approvvigionamento idrico centralizzato e la rete fognaria”.
“La città sta letteralmente affogando nella spazzatura e nelle fognature”.
“Sepolture spontanee si trovano in quasi tutti i cortili. Il caldo estivo ha accelerato la decomposizione di migliaia di cadaveri sotto le macerie. Mancanza di farmaci e strutture sanitarie distrutte”. Infine sia il mare sia i corsi idrici sono “costantemente inquinati da rifiuti, liquami e acque “di cadaveri”. Cosa può salvare Mariupol?, scrive l’amministrazione comune. “Il ripristino di corridoi “verdi” e una missione umanitaria internazionale con evacuazione totale”.
Il salesiano spiega che con i cadaveri non sepolti, si alza il rischio colera. “Ma i russi non permettono che queste informazioni girino”, per cui l’informazione è ancora tutta da verificare. “Il problema si potrebbe verificare nelle città completamente distrutte dove è impossibile prendere i cadaveri ma le città che sono state liberate dagli ucraini – assicura il salesiano -, sono state pulite”. L’allerta quindi rimane alta per le città occupate dai russi. “E se parliamo di Donbass, gli ucraini stanno attaccando ma stanno anche pian piano retrocedendo, circa 2 chilometri al giorno”.
Mariupol si affaccia sul Mar d’Avov e la scorsa settimana, le temperature sono andate dai 25 ai 28 gradi. “Fa caldo”, sentenzia don Oleh. “A Severodonetsk dove sono in corso combattimenti molto forti è rimasta pochissima gente e non ci sono quindi preoccupazioni di epidemie” Ma a Mariupol è diverso: secondo le stime del comune, pare che in città siano rimaste più di 120.000 persone. Mancano cibo e acqua potabile. “Per questo arriva il colera perché l’acqua è contaminata”, dice il salesiano. “Mariupol poi si trova in una zona dove purtroppo non c’è mai stata tanta acqua e si sapeva che con il caldo, le distruzioni, e i cadaveri arrivano malattie di questo tipo. Un militare mi diceva che hanno anche cominciato ad uccidere i cani e che sui campi ci sono anche questi corpi di animali che rimangono incustoditi. C’è un odore molto forte di cadaveri”.
Andando avanti e indietro per le città del Donbass, i salesiani cercano ancora di convincere le persone ad evacuare ma “le persone che sono rimaste, non vogliono andare via, nella parte occidentale del Paese e lasciare le loro case”. La città Dnipro sta quindi diventando un punto nevralgico di accoglienza per gli sfollati interni, provenienti soprattutto dal Donbass. Ma più i combattimenti si fanno intensi, più le strutture di accoglienza diventano strapiene. Don Oleh racconta che i salesiani stanno pensando di costruire qualche casetta qui a Dnipro, o di chiedere a paesi europei case prefabbricate così da permettere alle persone di stare al sicuro ma di non allontanarsi troppo da casa. “E poi c’è il problema del pane”, aggiunge il salesiano. “Siamo andati 3 giorni fa nella regione di Lugansk e la gente ci chiedeva soprattutto il pane. Chiedono anche medicine per l’asma, insulina per i diabetici. Avevo promesso di portare questi aiuti oggi ma sulla mappa ho visto che quel paesino è occupato dai russi per cui non posso più entrare. Siamo abituati. I paesini passano continuamente di mano in mano dai russi agli ucraini e speriamo di poter tornare prossima settimana”.