Si è svolto lunedì 30 maggio, presso il nuovo polo della comunicazione della Diocesi di Ascoli Piceno, il IX Meeting Nazionale dei Giornalisti. L’incontro, moderato dal presidente nazionale Ucsi, Vincenzo Varagona, ha registrato due momenti importanti: prima il convegno dal titolo “Ascoltare con l’orecchio del cuore” e poi l’inaugurazione del polo della comunicazione diocesano. Ad aprire i lavori don Giampiero Cinelli, Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali e il vescovo della diocesi di Ascoli Piceno, mons. Gianpiero Palmieri, che ha illustrato il tema della giornata. “Non ci può essere un giornale diocesano se non c’è un rapporto con la Chiesa locale, se non c’è un rapporto con il territorio – ha detto nel suo intervento Mauro Ungaro, Presidente della Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc) -. Il tema che il Santo Padre ci affida quest’anno sembra porci dinanzi ad un controsenso: in un mondo come il nostro, infatti, in cui ventiquattro ore al giorno siamo circondati da parole, dire di ascoltare sembra quasi un paradosso, perchè il verbo ascoltare presuppone un silenzio. L’ascolto cui siamo chiamati, invece, è qualcosa di completamente diverso: è un atteggiamento che ha come presupposto prima di tutto una relazione personale, una relazione che deve essere caratterizzata da un silenzio rispettoso, ma carico di attese verso quello che l’altro ha da dirci e soprattutto deve essere caratterizzato dall’accettare che ci lasceremo cambiare da quello che l’altro ci dirà, dalla sua storia e dalle sue parole. Questo è quello che siamo chiamati a fare da comunicatori. Il Papa ci ricorda che l’ascolto è il primo ed indispensabile ingrediente del dialogo e della buona comunicazione”. Di “bulimia delle informazioni e di anoressia di verifica ed attendibilità delle fonti” ha parlato, invece, Vincenzo Corrado, direttore nazionale dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei. “Il papa – ha detto – ci ha esortato più volte ad essere fautori di una comunicazione attenta ai valori della trasparenza, dell’attendibilità, della sicurezza e della privacy. Oggi come non mai, quindi, credo sia utile smascherare tre grandi difetti di cui noi giornalisti a volte siamo fautori. Il primo è l’approssimazione, che ha a che fare con il confondere il fare con l’essere. A volte siamo occupati a leggere la notizia con la lente del fare notizia anziché quella dell’essere notizia ed andiamo incontro all’arbitrarietà e alla distorsione della notizia stessa. L’approssimazione, ovvero la mancanza di precisione, è uno dei rischi maggiori dell’informazione che inficia l’essenza stessa della comunicazione”. Altro punto preso in esame da Corrado è stato “la ridondanza settaria, intesa come rifiuto, intransigenza, scontro verso chi ha un’opinione diversa dalla mia. Credo che questo sia all’origine della violenza verbale, voluta, cercata, altre volte inventata. In questo senso le parole che noi usiamo per esprimerci diventano un’arma contro il nemico, identificato con chi la pensa in maniera diversa da me. Ascoltare con l’orecchio del cuore, allora, significa anche purificare il linguaggio”. Infine la “Babele mediatica. Con le nuove tecnologie – ha spiegato Corrado – sono aumentate tantissimo le possibilità di comunicare, ma non è cresciuta la consapevolezza del valore del comunicare. Nella sua radice etimologica comunicare significa ‘mettere il mondo in comune’. Tale riconoscimento, che costituisce una limitazione allo spazio individuale, diventa in un certo senso anche un atto trascendente, affinché la nostra comunicazione non sia autoreferenziale, bensì sia aperta e superi i rischi dell’omologazione, della semplificazione, del conformismo. Nella Babele mediatica si rischia di perdere il senso, o meglio il buon senso”. Per combattere l’infodemia, secondo il direttore dell’Ucs della Cei, è urgente “ricreare le alleanze educative per contrastare ogni tipo di discriminazione e per poter instaurare quel dialogo intergenerazionale utile e necessario. Il digitale può rappresentare un territorio in cui si dona ai ragazzi la possibilità di fare, rendendoli importanti in un contesto che cerca invece di sminuire le loro capacità e, al contempo, si dona agli adulti la possibilità di apprendere dalla fattualità dei ragazzi. L’alleanza educativa potrebbe dunque generare un nuovo patto sociale che ridona all’informazione e alla comunicazione le sue caratteristiche fondamentali”. Al meetimg è intervenuta anche la giornalista italo – sirana Asmae Dachan: “Seppur diversi, noi giornalisti assomigliamo ai medici. Questi ultimi per dare una diagnosi, si devono avvicinare, devono osservare ed ascoltare. Lo stesso vale per noi giornalisti, quando vogliamo trovare la notizia. Il nostro ruolo è quello di fare profezia: noi siamo chiamati a scavare a fondo per capire quello che sta succedendo intorno a noi e dare voce a quella parte del mondo che voce non ha. La mia preghiera quindi è quella di continuare ad ascoltare con l’orecchio del cuore quei paesi del mondo dove i diritti umani non esistono, dove continuano ad essere violati, quei paesi di cui non si parla più, come, ad esempio, l’Afghanistan. A chiudere i lavori il vescovo di Rieti e presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali, mons. Domenico Pompili: “Solo l’ascolto gratuito e disinteressato ci consente di trovare la strada giusta per interpretare il tempo che si pone davanti a noi”. Il nuovo Polo della Comunicazione della diocesi di Ascoli Piceno conterrà al suo interno la testata radiofonica Radio Ascoli, la testata cartacea quindicinale La Vita Picena, la web tv della Diocesi Radio Ascoli in tv e la testata digitale La vita Picena.it che è un’integrazione del cartaceo. Infine il Cinema Piceno, anche se non è gestito direttamente dalla nuova società editrice, trova comunque posto in questa casa perché fa parte del mondo della comunicazione. Inoltre c’è anche l’Associazione di volontariato Intermedia che conta un centinaio di volontari che operano nel mondo della comunicazione.