Diocesi: mons. Sanguineti (Pavia), “questo tempo è segnato dall’urgenza di pace, di fraternità, di ritrovare il gusto della fede cristiana”

Sono almeno tre le “grandi urgenze” che segnano questo nostro tempo: quelle “della pace”, “della fraternità” e “di ritrovare il gusto della fede cristiana”. Le individua il vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti, avvertendo “il bisogno di portare a Cristo, venerando le Sante Spine, le fatiche di questo tempo”. Nell’editoriale pubblicato dal settimanale diocesano “il Ticino”, il presule sottolinea che “dopo due anni nei quali, a causa delle restrizioni legate all’epidemia del Covid, non si è potuta svolgere la processione nel centro della città di Pavia, con le venerate reliquie delle Sante Spine, quest’anno riprendiamo a vivere questo gesto antico di espressione pubblica della fede e di affidamento a Cristo Signore della comunità ecclesiale e civile”. “Accanto a esperienze e a gesti di bene e di condivisione, si manifestano segni di un egoismo incapace di accogliere e di amare la vita soprattutto nella sua fragilità inerme”, osserva il vescovo, spiegando che ciò accade “nel bambino non nato e rifiutato, nell’anziano messo da parte, nel povero senza voce e senza volto, nel profugo e nel migrante guardato con sospetto o respinto, nel piccolo sfruttato e abusato, nella donna umiliata e fatta oggetto di violenza, nel lavoratore sotto pagato o sempre incerto del suo futuro”.
Rispetto all’“urgenza della pace”, mons. Sanguineti rileva che non c’è solo l’Ucraina: “Sono tante e spesso ignorate dai più – ammonisce – le guerre che devastano il mondo e generano sofferenze, fame, malattie, spegnendo ogni prospettiva di futuro. Ci stringiamo intorno alle Sante Spine per imparare da Cristo a essere operatori di pace”. Venendo poi all’“urgenza della fraternità”, il vescovo evidenzia che “per la nostra città, un banco di prova di questa cultura dell’accoglienza e dell’amicizia sociale è la capacità d’integrare gruppi e soggetti che rischiano di restare ai margini: in questa prospettiva, occorre rivedere il progetto di una nuova collocazione del campo dei sinti e dei rom che da decenni vivono in piazzale Europa”. “Non si possono spostare persone e famiglie come se fossero numeri – denuncia il vescovo –, occorre sentire e coinvolgere innanzitutto loro, cercando di superare una logica che porta a isolarsi o a essere isolati”. Infine, poiché “un insieme di cause e di fenomeni degli anni recenti, compresa la lunga pandemia, ha indebolito il tessuto delle nostre comunità”, per mons. Sanguineti “è urgente ritrovare il gusto della fede cristiana, come esperienza condivisa nella concretezza di una comunità, nelle parrocchie e negli oratori, nelle varie forme di vita ecclesiale”.

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