“Che cosa c’è nel cuore umano perché un uomo giunga ad alzare la mano contro un altro uomo? Come succede che uomo diventi assassino? Perché Caino alza la mano per colpire il fratello Abele? C’è un seme di violenza piantato nel cuore umano”. Commentando alcuni versetti del Nuovo Testamento – “perché cercate di uccidermi?” (Gv 7,19); “volete lapidarmi” (Gv 10,32); “i Giudei continuavano a urlare” (At 22,23) – mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha iniziato l’omelia della messa celebrata oggi nella chiesa di San Marco nel 50° della morte del commissario Luigi Calabresi. Il ricordo dell’alto funzionario di polizia (1937-1972), ucciso negli anni del terrorismo da un commando di Lotta continua, è poi proseguito con una cerimonia in Questura.
In mattinata anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva ricordato il sacrificio del “servitore dello Stato” Luigi Calabresi: “In figure come il commissario Calabresi sono testimoniati valori che consentono all’intera comunità di progredire, di trovare l’unità necessaria nei momenti più difficili, di sentirsi responsabile verso le nuove generazioni”.
“Non possiamo tacere il nostro spavento”. Delpini ha affermato: “Il commissario Luigi Calabresi, a servizio dello Stato, apprezzato per le sue qualità, marito amato e padre, cinquant’anni fa ha subito la violenza ingiusta, insensata, spaventosa. Non possiamo tacere il nostro spavento: nel cuore umano c’è un seme di violenza”. “Nella desolazione e nello spavento che minaccia di paralizzarci, di convincerci dell’impotenza dei buoni e della sconfitta del bene, Gesù rivela il desiderio del Padre. Il Padre – ha proseguito l’arcivescovo – vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità. C’è dunque una promessa, ci sono buone ragioni per coltivare la speranza che il seme di violenza possa essere estirpato e il cuore umano possa guarire”.
Il comandamento dell’amore. Ed ecco il comandamento evangelico: “Amare invece che contrastare il male con il male, la violenza con la violenza. Amare invece che consentire al seme di violenza di attecchire, crescere, esplodere in una seminagione di violenza che inquina la terra. […] Amare invece che essere indifferenti, accomodati nei luoghi comuni, chiusi nell’individualismo”. Delpini ha raccomandato: “Amare con un amore che rende capaci di amare, di praticare il comandamento dell’amore: questa è l’opera del Padre che Gesù compie per guarire il cuore e seminare nel mondo un principio di fraternità e di pace”. Ma “come sarà possibile imitare Gesù, imparare da Lui che è mite e umile di cuore, praticare il suo comandamento che comanda di amare come Lui ha amato?”. La forza che permette all’umanità di continuare a esistere si può chiamare “nonostante”, ha osservato l’arcivescovo. “Nonostante la violenza che tende a spegnere la vita, gli amici della pace continuano ad accendere vita, a vivere e a generare vita. Nonostante l’assurdo scatenarsi delle passioni, la ragionevolezza continua a mettere ordine sulla terra. Nonostante il volto indurito dalla determinazione a fare del male, il sorriso mite del bene continua a suggerire la vocazione a sorridere di ogni volto umano”.
Il servizio al bene comune. L’omelia è poi proseguita osservando come la forza che permette all’umanità di continuare ad esistere e a convivere si può chiamare “servizio al bene comune”. Servire il bene “del convivere è espressione di amore che non si limita alla pratica individuale, ma intende l’appartenenza alla vita sociale come responsabilità da condividere”. Il bene comune “invoca giustizia, pretende leggi giuste, sopporta l’approssimazione, si affatica per migliorare le leggi e per cercarne la giusta applicazione. Aborrisce la violenza… L’umanità continua ad esistere perché la gente continua a cercare la giustizia, a sopportare l’imperfezione e a cercare di correggerla perché si possa meglio convivere. Nessuno è perfetto, ma tra la gente ci sono molti che per cercare la giustizia, migliorare le leggi, sopportare l’imperfezione e riconoscersi imperfetti dedicano tempo, competenza, sacrificio. Ci sono persone così, perciò l’umanità continua ad esistere”.
Sradicare il seme della violenza. “Ci sono uomini e donne come il commissario Calabresi che contribuiscono a sradicare il seme della violenza che nel cuore dell’uomo continua a depositarsi, spesso a germogliare e a produrre i disastri che ci spaventano. Ci sono uomini e donne che praticano quella forma di amore tragico e promettente che si può chiamare il principio del ‘nonostante’, quella forma di amore che si può chiamare ‘servizio al bene comune’”. Infine, “ringraziamo il Signore per questa testimonianza. Ringraziamo la signora Gemma per la condivisione del percorso di vita cristiana che l’ha condotta a quel vertice dell’amore che è il perdono. Ringraziamo tutti coloro che vivono il loro servizio al bene comune come una pratica dell’amore”.