“I soldati dell’Azovstal sono ragazzi come voi, studenti, neolaureati e professori universitari. In queste ore ci stanno dando la lezione più importante: come vivere pienamente e rimanere umani, figli di Dio, anche nelle peggiori circostanze. Ci insegnano cosa significa dare e sacrificare. In tempi di grande relativismo, ci insegnano la lezione dell’eternità. Ci sono cose nella vita che sono chiaramente sbagliate, decisamente malvagie. Allo stesso tempo, ci sono cose per cui vale la pena vivere e per cui vale la pena morire”. E’ la “lezione” della città di Mariupol proposta ai neo laureati della University of Notre Dame dall’arcivescovo greco-cattolico Borys Gudziak, Metropolita di Philadelphia degli Ucraini negli Stati Uniti, al quale è stato affidato quest’anno il compito di tenere il discorso alla cerimonia di consegna dei diplomi. Davanti alla stessa platea dell’università cattolica del South Bend, Indiana, negli anni passati hanno preso la parola i presidenti Usa Barack Obama e George W. Bush, e il cardinale Timothy Dolan. L’arcivescovo Gudziak ha portato la testimonianza del popolo ucraino. “Lasciate che vi porti in un altro luogo dove la Madre di Dio è così viva oggi: Mariupol o la “città di Maria”, ha detto. “Per due mesi, la città di Mariupol è stata nei titoli di tutti i principali media. Circondata dagli occupanti russi, distrutta, saccheggiata. Spinti nelle catacombe dell’impianto metallurgico, i suoi difensori sono oggi un simbolo di coraggio incrollabile, volontà d’acciaio e amore profondo. I membri del cosiddetto battaglione di Mariupol sono rimasti a difendere la città di Maria, a difendere gli innocenti, a lottare per la nostra dignità e libertà. Ci sono molti come voi, cari laureati. Hanno la vostra età, i vostri stessi sogni e speranze. Durante queste ore, questi eroi combattono, contro la morte”.
Ma dai “sotterranei” dell’Azovstal, ci sono anche tante storie di vita, come quella di Valeria e Andriy Karpylenko che nonostante la guerra hanno deciso di coronare il loro sogno e si sono sposati il 5 maggio prima che tre giorni fa, Andriy è stato ucciso. “Potete immaginare come battevano i loro cuori”, dice l’arcivescovo. “Ma non si sono arresi e si sono scambiati le fedi nuziali di alluminio”. Il metropolita ricorda anche le mogli dei soldati di Mariupol, in particolare Kateryna Prokopenko e Yulia Fedosiuk, che mercoledì scorso hanno potuto incontrare papa Francesco. “I loro cuori battono alla ricerca della giustizia, della bellezza e della verità”. “Vi incoraggio, cari laureati, a non aver paura”. “Questa è la vostra laurea”. Gli ucraini stanno mostrando al mondo l’amore più grande perché “nessuno ha un amore più grande chi dà la vita per i suoi amici” (Gv 15,13). “Nonostante la devastazione e i crimini di guerra, i saccheggi e le torture, le bugie e l’orribile crudeltà, vediamo le loro vite”. Rendono “viva” la Bibbia: David che si oppone a Golia, la Via Crucis con le stazioni di Bucha e Borodyanka, Mariupol e Sumy, Gesù che soffre con il suo popolo. “Abbiamo vissuto una Quaresima e una Settimana Santa uniche. Preghiamo perché questa Croce si concluda ancora con la Risurrezione, con la vittoria della vita sulla morte”.