Disabilità: Cei, seminario “Una liturgia inclusiva”. Don Castellano, “valorizzare tutti i sensi e tutto il corpo nella celebrazione”

Foto Calvarese/SIR

“La liturgia deve includere tutti, anche le persone con disabilità ma anche quelle che non vivono direttamente della disabilità devono sentirsi inclusi e partecipi. Questo ci ha chiesto anche il Concilio Vaticano II con la riforma della liturgia. Non vuol dire necessariamente fare delle cose ma vivere la liturgia come via di accesso all’esperienza del mistero, all’incontro con Cristo”. Sono queste le parole di don Mario Castellano, direttore dell’Ufficio liturgico nazionale della Cei che, assieme al Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità, ha organizzato il seminario “Una liturgia inclusiva: i cinque sensi e le persone con disabilità”, svoltosi oggi a Roma nel Centro congressi della Cei. “Questa esperienza arriva a noi attraverso tutti i sensi del nostro corpo e la liturgia in questo è maestra. Da sempre ci ha aiutato a vivere così il rapporto con il Signore. Forse però ora dobbiamo tornare a tematizzarlo e valorizzare tutto questo, sapendo valorizzare tutti i sensi e tutto il corpo nella celebrazione liturgica”, prosegue il direttore dell’Ufficio liturgico nazionale della Cei che spera di poter vivere la Comunione mangiando il pane e bevendo il vino, corpo e sangue di Cristo, permettendo quindi la maggiore valorizzazione di tutti e cinque i sensi che la liturgia già stimola. “La liturgia ha delle norme, perché il rito è fatto di ripetitività e di un esercizio che ritorna, però non le dobbiamo vivere sentendoci quasi schiacciati. Le norme sono funzionali”, osserva don Castellano che, citando Romano Guardini che parlava della liturgia come gioco, aggiunge: “Le norme servono a saper giocare, ma non sono la finalità del gioco. Anche nella nostra ritualità dobbiamo rispettare ciò che ci viene richiesto, ma saper adattare. Da sempre la liturgia ha richiesto un certo adattamento alle persone che celebrano e la liturgia è celebrata da delle persone, quindi dovremmo avere il coraggio di adattare le norme alle persone, senza però lascarci prendere da una creatività esagerata. L’estremo opposto rispetto alla rigidità, è una fantasia troppo autoreferenziale”.

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