Si è conclusa sabato 7 maggio la due-giorni “Quale arte sacra oggi?”, promossa dalla Scuola di alta formazione di arte e teologia (Safat) della Pontificia Facoltà dell’Italia meridionale (Pftim) sezione San Luigi, in collaborazione con la Fondazione culturale San Fedele di Milano e con il patrocinio della Fondazione Posillipo. Circa cinquanta gli iscritti online e cento quelli in presenza. Questi ultimi sono stati coinvolti attivamente nei lavori attraverso cinque gruppi di confronto.
Il direttore della Safat, padre Jean Paul Hernandez, ha evidenziato: “L’arte sacra cristiana nasce per il kerygma di Pasqua, anzi come parte integrante del kerygma di Pasqua. L’assenza diventa la promessa per eccellenza di una in-immaginabile presenza. E questa promessa è la relazione che permette di guardare ogni vuoto della terra come ‘segno’ del Vivente. L’arte diventa ‘arte sacra cristiana’ quando permette questa trasfigurazione”.
Giorgio Agnisola, uno dei due direttori scientifici del convegno, ha evidenziato “la necessità di cambiare approccio rispetto alla questione del rapporto fra arte e fede, fra arte e liturgia, ma in generale rispetto al rapportarsi della Chiesa con il mondo dell’arte. Questo è il tempo di domandarci ‘cosa l’arte possa dire alla fede’ e non ‘cosa la Chiesa possa dire all’arte’. Un cambiamento di prospettiva che, nel rapporto tra arte e liturgia, non può non partire dal presupposto che il contributo dell’arte al contesto liturgico si lega al suo essere strumento di rivelazione dell’oltre. Nonostante i significativi discorsi dei recenti pontefici, da Paolo VI a Papa Francesco, la carenza di un autentico dialogo tra gli artisti e la Chiesa è tuttora viva”. Così come ha mostrato attraverso numerosi esempi padre Andrea Dall’Asta, altro direttore scientifico del convegno, “anche negli spazi più importanti dal punto di vista storico religioso, gli interventi nelle nostre chiese antiche e contemporanee sembrano dettati da improvvisazione e dilettantismo, annunciati da grandi concorsi dagli esiti tanto incerti quanto mediocri e… prevedibili. Inoltre, non c’è alcun tipo di analisi critica sull’infinita quantità di immagini che vengono prodotte, per cui nessun dibattito può essere previsto. Di fatto, l’arte ecclesiale non ha alcun contatto significativo con l’arte ‘ufficiale’. Perché le immagini sacre contemporanee che affollano le nostre chiese appaiono così artificiali, dilettantesche e amatoriali, frutto di una ripresa necrofila del passato? È semplicemente cattivo gusto o piuttosto occorre ammettere la sfiducia della Chiesa di oggi che il Vangelo possa fecondare e animare la cultura del nostro tempo?”.
“Questo convegno – ha concluso Agnisola – non ha avuto l’obiettivo di fornire soluzioni ma di far emergere nuove domande e aprire nuovi orizzonti per la ricerca e il dialogo futuri”.