Colombia: paramilitari del Clan del Golfo bloccano intere regioni con lo “sciopero armato”. Vescovi del Pacifico condannano confinamento, “Governo garantisca sicurezza e pace”

Può un gruppo paramilitare tenere sotto scacco decine di Comuni, imponendo uno “sciopero armato”, in pratica un coprifuoco totale, nell’assenza delle forze dell’ordine e dell’Esercito, per di più a due settimane dalle elezioni presidenziali? È quanto sta accadendo in questi giorni in Colombia, e precisamente nei 30 Comuni del dipartimento occidentale del Chocó e in 11 Municipi della confinante provincia di Urabá, che fa parte dell’ampio dipartimento di Antioquia. La denuncia arriva dalla Chiesa cattolica, attraverso le diocesi di Istmina-Tadó, Apartadó e Quibdó, in una nota firmata anche da varie organizzazioni etniche, territoriali e sociali che vigilano sulla pace e sui diritti umani. Nella nota, i firmatari “condannano fermamente la situazione di confinamento a cui sono stati sottoposti gli abitanti dei trenta comuni del dipartimento di Chocó e undici di Urabá, in conseguenza della lo ‘sciopero armato’ imposto dagli autoproclamati Agc (gruppi di autodifesa gaitanista della Colombia), dal 5 al 10 maggio”. L’imposizione del gruppo armato, più noto come Clan del Golfo, accomuna Chocó e Urabá ad altre comunità dei dipartimenti di Antioquia, Córdoba, Sucre, Cesar, Bolívar, Magdalena e Santander. In tutti i casi, ci constata “ancora una volta come sia la popolazione civile a subire le conseguenze di questa folle guerra che stiamo soffrendo in Colombia”.
Prosegue la nota firmata dalle tre diocesi: “Chiediamo che il Clan del Golfo osservi il diritto umanitario internazionale, in modo che cessino azioni immediatamente violente contro la società civile, che si traducono in violazioni dei diritti alla vita, alla salute fisica e psicosociale, all’istruzione, al lavoro, alla proprietà, al cibo e alla libera circolazione”. Dal canto suo, “il Governo nazionale, nel rispetto dei suoi impegni costituzionali, deve garantire permanentemente sicurezza e pace ai cittadini dei dipartimenti di Chocó, Antioquia e dell’intero territorio nazionale, proteggendo i cittadini e neutralizzando le azioni illegali”.
Secondo i firmatari, “date le circostanze di controllo territoriale e sociale esercitato in alcune regioni del Paese dal Clan del Golfo e dall’Eln, riteniamo che sia assolutamente necessario rivedere l’opzione di una soluzione negoziata del conflitto armato. Ci auguriamo che sia le Istituzioni che gli attori armati illegali ascoltino il clamore del popolo colombiano e diano segni di costruzione della pace attraverso il dialogo e processi di sottomissione alla giustizia.
Sullo “sciopero armato” interviene con attraverso vari tweet di denuncia anche la Comunità di pace di San José de Apartadó, la cui azione non violenta viene appoggiata dall’Operazione Colomba dell’associazione Papa Giovanni XXXII. “I paramilitari in pieno giorno ordinano alla popolazione civile di San José e dei luoghi vicini di non lasciare le proprie case. Non si vede anima viva di Polizia ed Esercito. Sono rinchiusi per obbedire all’ordine paramilitare. Che vergogna!”, si legge in uno dei messaggi.

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