“La fede merita rispetto e onore fino alla fine: ci ha cambiato la vita, ci ha purificato la mente, ci ha insegnato l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo. È una benedizione per tutti! Non baratteremo la fede per una manciata di giorni tranquilli. Dimostreremo, in tutta umiltà e fermezza, proprio nella nostra vecchiaia, che credere non è una cosa ‘da vecchi’, ma è cosa di vita”. Lo ha detto Papa Francesco, stamani, nella catechesi dell’udienza generale, in piazza San Pietro. Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, ha incentrato la sua riflessione sul tema: “Eleazaro, la coerenza della fede, eredità dell’onore” (Mac 6,18.23-25). “Proprio la vecchiaia appare qui il luogo decisivo, e insostituibile, di questa testimonianza. Un anziano che, a motivo della sua vulnerabilità, accettasse di considerare irrilevante la pratica della fede, farebbe credere ai giovani che la fede non abbia alcun reale rapporto con la vita. Essa apparirebbe loro, fin dal suo inizio, come un insieme di comportamenti che, all’occorrenza, possono essere simulati o dissimulati, perché nessuno di essi è così importante per la vita”.
Ricordando l’antica gnosi eterodossa e considerandola “un’insidia molto potente e molto seducente per il cristianesimo dei primi secoli”, il Pontefice ha sottolineato che “teorizzava proprio questo: che la fede è una spiritualità, non una pratica; una forza della mente, non una forma della vita”. “La fedeltà e l’onore della fede, secondo questa eresia, non hanno nulla a che fare con i comportamenti della vita, le istituzioni della comunità, i simboli del corpo. La seduzione di questa prospettiva è forte, perché essa interpreta, a suo modo, una verità indiscutibile: che la fede non si può mai ridurre a un insieme di regole alimentari o di pratiche sociali”.
Il “guaio” denunciato dal Papa è che “la radicalizzazione gnostica di questa verità vanifica il realismo della fede cristiana, che invece deve passare sempre attraverso l’incarnazione”. “E svuota anche la sua testimonianza, che mostra i segni concreti di Dio nella vita della comunità e resiste alle perversioni della mente attraverso i gesti del corpo”. Dalle parole del Papa la consapevolezza che “la tentazione gnostica, che è una delle eresie di questo tempo, rimane sempre attuale”. “In molte linee di tendenza della nostra società e nella nostra cultura, la pratica della fede subisce una rappresentazione negativa, a volte sotto forma di ironia culturale, a volte con una occulta emarginazione. La pratica della fede per questi gnostici è considerata come un’esteriorità inutile e anzi nociva, come un residuo antiquato, come una superstizione mascherata. Insomma, una cosa per vecchi”. Ma – ha avvertito il Papa – “forse tocca proprio a noi, vecchi, restituire alla fede il suo onore, farla coerente”. “La pratica della fede non è il simbolo della nostra debolezza, ma piuttosto il segno della sua forza”.