Nella lettera agli Ebrei si dice che il Figlio incarnato Gesù “offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà”. Ma noi sappiamo che Gesù è morto in croce, nonostante le preghiere nel Getsemani. È stato liberato dalla morte dopo esserci passato. Il lamento dell’abbandono sulla croce è una domanda, è l’inizio di un salmo (22) di speranza, quasi una provocazione al Padre. La liberazione di Gesù dalla morte è frutto della sua stessa morte, del dono di sé e dell’abbandono al Padre: “imparò l’obbedienza dalle cose che patì”. Scendendo negli inferi, ha trasformato la morte stessa e ce ne ha liberati: “o morte sarò la tua morte”. Nell’amore al nemico che lo crocifigge, Gesù esprime la sua identità di Dio amore, che è la forza con cui vince la morte.
Egli sconfigge la morte in sé stesso, nella sua carne, e sconfigge con essa l’inimicizia, l’odio, la divisione. Vincere la radice del male nella storia dell’uomo significa voler operare per una società giusta, armoniosa nell’amore, nella giustizia e nella pace. Questo suggerisce qualcosa sull’attuale situazione in Ucraina e nelle altre zone di guerra sparse nel pianeta. Come Gesù che vince la morte e il male in sé stesso, siamo chiamati a vincere la radice del male a partire da noi stessi. È sorprendente trovare in Etty Hillesum, ebrea che conosceva il Vangelo, assonanze con questo in espressioni come: “Il marciume che c’è negli altri c’è anche in noi […] non vedo nessun’altra soluzione […] che quella di raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro marciume. Non credo […] che si possa migliorare qualcosa nel mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di noi”. Lottando contro il rancore, ancorché umano, diventiamo operatori di pace. Dobbiamo sradicare l’odio dentro di noi: è il primo passo, non l’unico. Abbiamo un percorso di pace da costruire. Lo possiamo fare perché con il battesimo siamo già nella vita nuova della salvezza, che non è solo spirituale. La salvezza dell’uomo è integrale e già da ora viviamo dell’amore e della vita di Dio, pure nel conflitto interiore. La vita eterna e la risurrezione invadono la storia umana senza toglierle la sua caratteristica di provvisorietà perché legata al tempo. La storia della salvezza però la innerva; la storia umana diventa storia della salvezza quando il Vangelo di Gesù è, in qualche modo, accolto. L’annuncio della pace e della Pasqua sono uno stesso annuncio e chi lo porta è insieme annunciatore e operatore di pace. Se non operasse così non sarebbe coerente, non sarebbe un annunciatore credibile.
L’amore che vince la morte
Nella lettera agli Ebrei si dice che il Figlio incarnato Gesù “offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà”. Ma noi sappiamo che Gesù è morto in croce, nonostante le preghiere nel Getsemani. È stato liberato dalla morte dopo esserci passato. Il lamento dell’abbandono sulla croce è una domanda, è l’inizio di un salmo (22) di speranza, quasi una provocazione al Padre.