Sono 88.593 le persone in fuga dal conflitto in Ucraina arrivate in Italia, 84.796 delle quali alla frontiera e 3.797 controllate dal compartimento Polizia ferroviaria del Friuli Venezia Giulia. Si tratta di 45.816 donne, 9.700 uomini e 33.077 minori. Sono i dati del Ministero dell’Interno, aggiornati al 9 aprile. In una nota del 7 aprile, la garante per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Garlatti, ha parlato di 1.099 minori stranieri non accompagnati, equamente ripartiti tra maschi e femmine. Il problema che ora si sta riscontrando in Italia è che i minori che vivevano in Ucraina in case famiglia, pur giungendo nel nostro Paese con i loro tutori secondo la legge ucraina, sono considerati minori stranieri non accompagnati (Msna), non applicando la Convenzione dell’Aja del 1996, che riguarda la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori. Per questo motivo, l’Associazione Amici dei Bambini (Aibi) ha rivolto un appello al presidente del Consiglio, Mario Draghi, e al ministro della Giustizia, Marta Cartabia. Abbiamo ascoltato il presidente di Aibi, Marco Griffini.
Dei 33mila minori stranieri ucraini giunti in Italia solo una piccola quota è rappresenta da Msna. Dove sono sorti i problemi?
Vorrei premettere che in Ucraina, prima della guerra, c’erano 663 orfanotrofi, con 150/180 bambini ciascuno, quindi circa 100mila minori ospiti complessivamente, e, poi, case famiglia, dove mediamente vivono 8/12 bambini più la coppia affidataria.
La questione riguarda proprio i minori delle case famiglia.
Ma la protezione dei minori è regolata dalla Convenzione dell’Aja del 19 ottobre 1996, ratificata anche dal nostro Paese. I problemi in Italia nascono perché non c’è un’Autorità centrale che si occupi della Convenzione dell’Aja del 1996 e di conseguenza non è stata diramata una direttiva su come comportarsi in questi casi. Così ciascun Tribunale ha deciso per conto suo e questo per noi non è corretto. C’è chi ha nominato tutore il parroco, che ha ospitato nelle strutture della parrocchia e ci può anche stare come co-tutore delle famiglie affidatarie, o il sindaco di un piccolo paese e anche qui va bene, perché si può far carico delle esigenze. In altri casi sono stati nominati dei perfetti sconosciuti, come avvocati che non conoscono la situazione. Lì sono nati i problemi, ci siamo accorti che la Convenzione dell’Aja non è affatto conosciuta.
Perché succede questo?
I Tribunali per i minorenni non riconoscono le tutele regolarmente rilasciate dalle autorità ucraine ai responsabili di istituti e case famiglia e stanno togliendo loro le tutele per affidarle ad altri tutori italiani. In altre parole, stanno considerando tutti i minori come minori stranieri non accompagnati, in barba alla Convenzione dell’Aja ratificata dall’Italia e alla legge 47 del 2017. Perciò, c’è stato un urgente appello della stessa Autorità centrale ucraina al Ministero della Giustizia italiano affinché venga rispettata la Convenzione dell’Aja per l’accoglienza in Italia dei minori provenienti dalla case famiglia e dagli orfanotrofi. Tra l’altro la Convenzione dell’Aja considera anche i casi di emergenza, prevedendo non solo il riconoscimento reciproco delle sentenze, ma imponendo anche che i documenti siano molto snelli. Quindi, il Ministero della Giustizia ucraino è intervenuto direttamente con un Tribunale per il caso di una casa famiglia chiedendo che venisse applicata questa Convenzione. Tale intervento ha fatto sì che questo caso si risolvesse e per la prima volta in Italia è stata riconosciuta la tutela ai genitori affidatari.
Questa poca chiarezza sta avendo conseguenze?
Una casa famiglia ucraina che avevamo ospitato è tornata subito in Polonia perché qualcuno ha avvisato che in Italia tolgono le tutele.
Questo fatto sta molto preoccupando: abbiamo conoscenza di altre case famiglia, attualmente spostate in Polonia e in Moldova, che vorrebbero venire in Italia, considerata bella e accogliente, ma che decidono di non venire perché temono che i bambini a loro affidati vengano sottratti. Abbiamo conoscenza diretta di una casa famiglia con 15 minori che si è rivolta a noi, presenti in Moldova da 20 anni, per venire in Italia. Noi avevamo recuperato una struttura nel nostro Paese – grazie alla generosità di famiglie e parrocchie abbiamo a disposizione strutture di grandezza adeguata per ospitare – e ci stavamo apprestando ad arredarla, quando è arrivata la telefonata che non venivano più in Italia, preferendo andare in Germania.
Cosa succede per i minori stranieri non accompagnati veri e propri?
Per i Msna la legge prevede che possano essere affidati alle famiglie dopo un periodo nei centri di accoglienza. Bisogna capire in questo caso se sia possibile per i minori ucraini. C’è stata una lettera molto precisa dell’Ambasciata ucraina rivolta a tutti gli enti che si apprestavano ad accogliere questi ragazzi in cui ha avvertito che alla fine del conflitto questi minori devono rientrare in Ucraina e assolutamente non possono essere adottati. Ed è giusto perché questi minori sono il futuro dell’Ucraina. Quello che noi ci appresteremo a fare in Ucraina appena possibile, cosa che già stiamo facendo in Moldova, è la formazione dei genitori adottivi nazionali.
Cosa auspica adesso?
La presidenza del Consiglio dei ministri, delegata ad applicare la Convenzione dell’Aja, in mancanza di un’Autorità centrale ad hoc, dovrebbe emanare una direttiva e la Protezione civile, delegata all’accoglienza, dovrebbe farla propria:
nella direttiva si deve chiarire che un minore accompagnato da un tutore legittimamente riconosciuto dall’Autorità ucraina non debba essere considerato minore straniero non accompagnato,
non deve essere tolta la tutela, ma quest’ultima deve essere verificata, perché potrebbero esserci anche dei falsi. Voglio ricordare che le case famiglia per entrare nel nostro territorio devono essere indicate da un ente del Terzo Settore, come noi, che deve seguirle, mettere obbligatoriamente a disposizione un mediatore culturale e un interprete per le traduzioni, deve dare ospitalità. Di solito arrivano con documenti non tradotti, ma in 24 ora gli interpreti traducono i documenti, si verificano con i Consolati e le Autorità ucraine la veridicità dei documenti, poi si riconosce la tutela anche con un provvedimento italiano.