“Accoglienza, ascolto, accompagnamento”: sono le “tre dimensioni essenziali del ministero del confessore: tre facce dell’amore, alle quali va aggiunta la gioia, che sempre lo accompagna”. Lo ha detto il Papa, ricevendo in udienza gli 800 partecipanti “L’accoglienza dev’essere la prima caratteristica del confessore”, ha spiegato Francesco: “È quella che aiuta il penitente ad accostarsi al Sacramento con lo spirito giusto, a non stare ripiegato su sé stesso e il proprio peccato, ma ad aprirsi alla paternità di Dio, al dono della grazia. L’accoglienza è la misura della carità pastorale, che avete maturato nel cammino di formazione al sacerdozio ed è ricca di frutti sia per il penitente sia per lo stesso confessore, che vive la sua paternità, come il padre del figlio prodigo, pieno di gioia per il ritorno del figlio”. “Abbiamo noi questa accoglienza e questa gioia?”, ha chiesto il Papa ai presenti: “la serenità del confessore che sa accogliere, il giorno, la sera, e sa creare un clima di pace”, ha aggiunto a braccio. “Ascoltare è più che udire”, il riferimento alla seconda parola-chiave: “richiede una disposizione interiore fatta di attenzione, di disponibilità, di pazienza. Si devono lasciare i propri pensieri, i propri schemi, per aprire davvero la mente e il cuore all’ascolto”. “Se, mentre l’altro parla, tu stai già pensando a cosa dire, a cosa rispondere, allora tu non stai ascoltando lui o lei, ma te stesso”, il monito di Francesco, che ha aggiunto a braccio: “E’ un brutto vizio questo, il confessore che ascolta se stesso. Lui esce purificato, ma tu esci peccatore, perché non compi il tuo servizio, per ascoltare, per perdonare. In alcune confessioni, non si deve dire nulla o quasi – intendo come consiglio o esortazione – ma solo si deve ascoltare e perdonare. L’ascolto è una forma di amore che fa sentire l’altro davvero amato”. “Per favore, togliere ogni curiosità”, l’altro invito fuori testo del Papa: “Talvolta ci sono penitenti che si vergognano di quello che sta dicendo o non sanno come dirlo. Quando capiamo la cosa: ‘ho capito, vai avanti’. Risparmiare il dolore di dire cose che non sanno come dire, e non cadere nella curiosità. Non sei un torturatore, sei un padre…Se Gesù ti trattasse così a te!”. “E quante volte la confessione del penitente diventa anche esame di coscienza per il confessore!”, ha esclamato Francesco: “A me è successo, anche a voi sicuro. Di fronte a certe anime fedeli, ci viene da chiederci: ho io questa coscienza di Gesù Cristo vivo? Ho questa carità verso gli altri? Questa capacità di mettermi in discussione? L’ascolto implica una sorta di svuotamento: svuotarmi del mio io per accogliere l’altro. È un atto di fede nella potenza di Dio e nel compito che il Signore ci ha affidato. Solo per fede i fratelli e le sorelle aprono al confessore il loro cuore; quindi, hanno il diritto di essere ascoltati con fede, e con quella carità che il Padre riserva ai figli. E questo genera gioia!”.