Ucraina: Pizzaballa (patriarca), “In Terra Santa sappiamo cosa sia la guerra. Preghiamo per quei popoli, per i loro governanti”

Foto Lpj.org

“Qui in Terra Santa sappiamo cosa sia la guerra, come questa entri nel cuore delle persone e diventi un modo di pensare, crei divisioni profonde e frustrazione, eriga muri fisici e umani, distrugga prospettive di fiducia, di visione e di pace. Proprio per questo, perché sappiamo cosa significa tutto ciò e l’abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, pregheremo dunque per quei popoli, per i loro governanti e soprattutto per i piccoli del Vangelo, le madri, i bambini, gli anziani rimasti senza casa, soli, alla mercé di violenza incomprensibile, dettata da calcoli umani di corto respiro e senza prospettiva. La Vergine di Nazareth, che qui in questo luogo diventa la Madre di Gesù, interceda per loro e per i tanti che nel mondo stanno soffrendo queste stesse situazioni”. Così il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, nella messa celebrata stamattina a Nazareth, per l’Annunciazione del Signore – durante la quale, in unione spirituale con Papa Francesco, è stato recitato l’Atto di consacrazione al cuore Immacolato di Maria i popoli della Russia e dell’Ucraina. Nell’omelia il patriarca ha richiamato il cammino sinodale della Chiesa locale e universale che ha nell’ascolto uno dei suoi temi centrali. “Ascoltare è più che udire. Ascoltare significa aprirsi all’altro, fare spazio all’altro dentro di sé, nel modo di pensare, nelle cose da compiere, nelle prospettive da darsi. Richiede un atteggiamento di fiducia, di libertà e gratuità” ha sottolineato Pizzaballa per il quale “tante delle nostre crisi a tutti i livelli della vita sociale dipendono proprio da questo, dalla nostra difficolta ad ascoltarci: nella politica, si grida l’uno contro l’altro, e quando si grida non ci si ascolta. Accade un po’ ovunque nel mondo. I media oggi ce lo mostrano in Russia ed Ucraina, ma sappiamo che accade anche in Africa, in Asia e in molti altri Paesi. Anche in Terra Santa abbiamo molta strada da fare per imparare ad ascoltarci davvero: tra arabi ed ebrei, ad esempio, come tra le differenti generazioni, tra le varie comunità religiose che compongono la società”. Un bisogno di ascolto che si ravvisa anche “nella nostra Chiesa: tra sacerdoti e laici, tra le istituzioni religiose e la comunità cristiana in generale, nel mondo delle nostre scuole. Il problema esiste anche nelle nostre famiglie: tra genitori e figli, tra coniugi. A volte non troviamo tempo nemmeno per coloro con i quali viviamo e che poco alla volta corrono il rischio di diventare estranei. Quante incomprensioni e solitudini, invece, nascono quando non ci si riesce ad accogliere e ascoltare l’un l’altro”. Da qui l’appello ad “ascoltare, cioè per prima cosa, dire di ‘sì’ a Dio. Fare spazio all’altro, significa avere innanzitutto la disposizione ad amarlo. E se lo si ama, si può anche scommettere su di lui, si può rischiare, si può dare fiducia. Fede e ascolto sono necessari l’una all’altro. Non ci si può fidare di Dio e allo stesso tempo non fidarsi dell’uomo”.

 

 

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