Tutti siamo turbati in questo periodo a causa della violenza della guerra. Spesso cerchiamo di individuare le motivazioni di tanta crudeltà, ma non sempre riusciamo a venire a capo della situazione, tanto sembra incomprensibile. Chi ha un’idea falsa di Dio e lo considera vendicatore, giustiziere, afferma che l’avvenimento è segno del castigo del Signore rivolto a coloro che non si convertono. Chi analizza l’accaduto solo a livello sociale o politico, trova le cause e i possibili sviluppi dell’evento o suggerisce modalità per fermare la guerra.
C’è chi fa un’analisi sugli effetti distruttivi che la rottura delle relazioni, anche nel piccolo, può provocare, allora si allerta, per iniziare a vivere e a custodire la pace nel luogo in cui si trova.
Dio sembra che in questa scena non possa fare nulla. Eppure Etty Hillesum testimonia, durante lo scempio della Shoah, che si può trovare sempre una possibilità, per aiutare persino Dio. Di fronte all’esperienza di impotenza, si rivolge a lui: “Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini…”.
È il grido del povero che ancora oggi sale al Signore proprio quando, da indifeso, non sa a chi rivolgersi. É il grido che Dio ascolta: egli si china su ogni vivente, per asciugare le lacrime… per salvare dal pericolo chi si trova sul baratro della non vita.
Com’è la nostra fede? Come siamo consapevoli che Dio non ci abbandona, che è presente nella nostra esistenza, anche quando tutto sembra avvolto nel buio? A chi ci affidiamo quando davanti a noi non vediamo delle soluzioni? A volte ci chiediamo dove si trova Dio mentre avvertiamo che le tenebre ci avvolgono. Crediamo che il Signore ci attende sempre con le braccia aperte, anche quando abbiamo pensato di poter fare a meno di lui?
Siamo nel tempo quaresimale e la Parola ci invita a rivisitare la nostra relazione con Dio, per ravvivare la scelta di seguire senza condizioni Gesù Cristo, vivendo il Vangelo. Nell’incontro con lui cogliamo la fedeltà del suo amore che illumina le nostre zone d’ombra da convertire evangelicamente nella nostra vita.
Se l’individualismo di oggi prende forma soprattutto nel delirio di onnipotenza, anche noi credenti rischiamo di vivere una doppia vita che ci porta a fare scelte secondo il nostro punto di vista e non secondo il Vangelo. Anche il credente che svolge con fede un lavoro scientifico, è chiamato a porsi in atteggiamento di meraviglia, di sorpresa, di stupore, e cerca, durante il processo di esplorazione, il sottofondo dell’armonia che fa percepire la bellezza della presenza di Dio, sorgente della sua ricerca.
L’unificazione della vita nel Signore porta la persona a pensare, a sentire e ad agire secondo lo Spirito. Quanto più si unifica, tanto più va incontro verso l’altro, cammina insieme senza temere nulla, mette a disposizione la propria vita nella gratuità perché sia felice, lo accoglie così com’è e non pretende nulla. Entra in intimità con ogni fratello o sorella, custodendo lo spazio sacro presente nella storia e percepito e riconosciuto solo da chi ha fede. Con atteggiamento di gratitudine si mette in ascolto della vita che pulsa ovunque e impara da Gesù a mettersi il grembiule, per lavare i piedi di chi incontra, soprattutto degli indifesi e dei più fragili.
La conversione che ci indica Gesù, ci ridona un cuore di carne che ci porta a sentire continuamente l’abbraccio del Padre di Gesù Cristo e a cogliere tutto il bene che c’è in ogni persona, anche quando sbaglia. Il tempo di grazia della Quaresima ci fa riscoprire ogni giorno che siamo chiamati da Dio ad essere persone veramente umane, capaci di prenderci cura non solo della nostra vita, ma anche di quella degli altri.
Solo un cuore nuovo abitato da Dio ci permette di trasformare ovunque le nostre spade in aratri e le lance in falci, a non fomentare tra di noi lotte e conflitti, a perseguire con la forza e con la luce che viene dal Signore il cammino da seguire, per diffondere la pace (cfr Is 2,4-5).
Quando vogliamo iniziare ad essere realmente persone di fede?