È stata presentata, alla conferenza stampa presso la Camera dei deputati, la lettera ai parlamentari delle oltre 70 associazioni del laicato cattolico che lo scorso 9 marzo presso la Pontificia Università dell’Angelicum in Roma avevano presentato la Pubblica Agenda “Ditelo sui tetti (Mt. 10,27)”. “Proprio perché crediamo in un confronto franco con tutte le forze parlamentari – hanno spiegato nella conferenza stampa svolta a Montecitorio – abbiamo subito chiesto di riaprire un dialogo nel merito di quanto deliberato dalla Camera dei deputati in materia di morte volontaria medicalmente assistita il 10 marzo scorso, divenuto ora il disegno di legge del Senato n. 2553”. Perché, “al netto delle valutazioni di merito – si legge nella lettera -, quanto votato è troppo lontano dai riferimenti costituzionali fissati dalla Consulta con le sentenze n. 242/19 e n. 50/2022”.
“Dall’inizio del percorso legislativo – hanno illustrato – sono state del tutto trascurate le cure palliative, che la sentenza 242/19 aveva invece definito diritti essenziali della persona e persino pre-requisito di ogni ipotizzato percorso di morte medicalmente assistita”.
“Durante l’iter nelle Commissioni – hanno poi aggiunto – è stato molto ampliato il perimetro descritto dalla Corte costituzionale nella stessa pronuncia 242: per chiedere la morte in un ospedale basterebbe una condizione clinica irreversibile, anche se la sentenza 50/22 esclude ci si possa riferire a situazioni di natura del tutto diversa dalle fasi terminali”. Allora, si chiedono le associazioni, “un disabile o un depresso devono essere indotti a morire?”.