“È straziante vedere mamme e bambini colpiti e feriti in maniera così drammatica dalla guerra tra Russia e Ucraina. Vengo dal Sud Sudan, da cui sono rientrato da pochi giorni, dove, è brutto dirlo ma, in qualche maniera, sei preparato a tensioni e scontri. Un Paese giovane, nato nel 2011 che, come tutti i giovani, ha tante energie, vitalità e una gran voglia di costruire il proprio futuro che si scontrano con mancanza di esperienza e scarsa capacità gestionale”. Lo scrive, in un messaggio, don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm. “La situazione socio-politico è molto fragile, il sistema scolastico non funziona, gli ospedali boccheggiano, perché mancano farmaci, personale, equipaggiamento minimo. E lì, il Cuamm rimane, deciso a fare la propria parte, sapendo che in ogni momento la situazione può complicarsi e degenerare. Ma in Europa no, non ce lo aspettavamo. È stato e continua ad essere uno shock. Si ha la netta percezione che venga distrutto ciò che si stava faticosamente costruendo”, aggiunge il sacerdote.
“È ancora troppo difficile riuscire a elaborare quanto sta capitando – ammette don Carraro -. La sensazione dello sconforto è enorme. Quasi non trovi le energie per riprendere il cammino o per credere nel futuro. E senti forte la tentazione di mollare. Ma è proprio questo il momento, allora, in cui bisogna coltivare la lucidità degli occhi e della mente per leggere quello che stiamo vivendo, comprendere la situazione e avere il coraggio di attraversarla, recuperando, in profondità, le radici del nostro impegno. La storia insegna e guida i nostri passi. Nel 1947, Francesco Canova non si lascia vincere dallo sconforto di ritrovare, dopo 12 anni di servizio in Giordania, un’Italia distrutta dalla devastazione della Seconda guerra mondiale, e proprio su quelle macerie, decide di rimettere in gioco tutta la sua vita e, dopo 3 anni, di fondare il Cuamm”.
Per don Dante, “sguardo lucido e cuore grande: di questo abbiamo bisogno, anche oggi. Nella nostra Europa, accogliendo i tanti profughi che cercano vita fuggendo dalla guerra. Ci siamo messi a servizio subito, fornendo una prima assistenza sanitaria ai 63 bambini ucraini orfani ospitati nel Seminario della Chiesa padovana. E poi con un primo team di medici in partenza verso i confini con l’Ucraina per sostenere gli ospedali e i centri sanitari locali, in gravissima difficoltà, in coordinamento con l’Organizzazione mondiale della sanità”.
E, prosegue, “nella nostra Africa. Non vogliamo e non possiamo dimenticare l’Africa, la responsabilità che abbiamo verso la sua gente. L’Africa continua ad avere bisogno: le mamme continuano a partorire, i bambini si ammalano, il Covid va combattuto. Con tenacia e ostinazione vogliamo mantenere l’impegno che abbiamo preso, consapevoli che il bene va costruito lì dove ognuno di noi ha la propria responsabilità: vicino, perché siamo europei, e lontano perché siamo ‘medici con l’Africa’”.