“Da questo luogo di intensa umanità oggi può salire una preghiera per la pace, contro l’insensatezza della violenza, contro la barbarie della guerra, affinché ci si possa prendere cura gli uni degli altri. Se lo sguardo di chi cura potesse essere lo sguardo di chi governa, avremmo più frutti di pace”. Lo ha detto il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, nell’omelia della messa che ha celebrato ieri mattina nella chiesa dell’ospedale Ca’ Foncello, alla presenza del personale sanitario, dei volontari, delle suore e dei religiosi. La prima dopo quella celebrata nel 2020 in pieno lockdown. Non è mancata una preghiera per la pace in Ucraina.
Commosso il vescovo Tomasi, che ha sottolineato la gioia e la gratitudine di trovarsi insieme a celebrare, in tanti, per rendere grazie al Signore e a tutte le persone che si prendono cura degli altri. Ripercorrendo il tema delle letture, il vescovo ha declinato l’immagine dell’albero buono che produce buoni frutti – anche quando è ferito o ha le sue “magagne” – nel lavoro quotidiano di cura: “Quando penso al servizio che offrite, anzi, a ciò che siete, io vedo quest’albero. Prima vedo i suoi frutti buoni, frutti di vita, di cura, di accompagnamento, di presenza, quindi so che c’è un albero buono. Certo, è il vostro lavoro – ha aggiunto il vescovo – ma c’è molto di più. Le professionalità sono fondamentali, ma non bastano per essere con le persone, per essere per loro, serve una carica di umanità che deve essere sempre alimentata. Anche di chi si prende cura bisogna prendersi cura”. Ecco l’appello per la società civile e per la Chiesa: “Abbiamo la responsabilità di sostenerci gli uni gli altri. E nella fede possiamo innestare le nostre radici nella terra buona del Vangelo, di Gesù Cristo, nella fiducia in lui che contro ogni apparenza ha vinto la morte e dona energia e speranza a chi si fida di lui”.