“Sono momenti in cui la parola più forte è il silenzio e non vorrei ferire, con le mie parole, gli uomini e le donne dell’Ucraina che sono qui a pregare mentre i loro cari in patria sono sotto le bombe”. Lo ha detto l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, nel suo intervento alla veglia di preghiera per la pace in Ucraina, che si è svolta ieri sera in cattedrale. Riprendendo le parole di una preghiera di Raoul Follereau, il vescovo chiede di “udire l’angoscia, il tormento e la paura degli uomini e delle donne dell’Ucraina: soli, abbandonati dal mondo, stanno affrontando una prova inenarrabile di violenza e di morte”. L’arcivescovo implora la “conversione alla forza della preghiera”, non attuata per una “generica solidarietà” ma con la convinzione che essa “può davvero cambiare la storia e il mondo: il Padre, a un popolo che chiede la pace, non mancherà di rispondere”. “Con la preghiera – ha aggiunto – possiamo far fuori il demonio della guerra”. Nell’Europa che si pensava “immune dalla guerra” mons. Tisi non vede alternative al “tornare a custodire la grammatica della pace”, imparando a costruirla “giorno dopo giorno, deponendo le armi della maledizione del nostro confliggere, chiedendo a Dio di liberarci dell’autocontemplazione di noi stessi che è all’origine anche di questa guerra”. In Duomo, don Augustin Babiak, guida della comunità greco-cattolica, ha ripercorso la sofferta storia dell’Ucraina e pregato per la “saggezza dei governanti e perché si ristabilisca una pace giusta”. Al suo appello mons. Tisi ha risposto con la richiesta alla diocesi trentina a dare la disponibilità all’accoglienza di eventuali profughi. “La nostra Chiesa si impegna ad aiutarvi ad accogliere chi avrà bisogno”, ha concluso.